Shock da rottura di pulcino elettronico
Nel giugno 1999 un quotidiano a diffusione nazionale riporta la notizia del ricovero di una ragazza minorenne. Secondo quanto riferito dalle fonti mediche, la ragazza sarebbe stata colta da malore mentre passeggiava nel centro città insieme ad alcuni amici. Il quotidiano attribuisce la causa del malore allo stresso psicologico determinato dal cattivo funzionamento di un “pulcino elettronico” che le era stato appena regalato. Nel raccontare il fatto, il quotidiano riporta le iniziali del nome e del cognome della ragazza, l’istituto scolastico frequentato indicando addirittura la classe.
I genitori della minore segnalano il fatto al Garante per la Protezione dei Dati Personali. Il Garante stigmatizza la pubblicazione. Sottolinea che “la diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute è vietata”, indicando l’art. 23, comma 4°, L. n. 675/1996 (allora in vigore). Cita la Carta di Treviso, laddove precisa che “la tutela della personalità del minore si estende a fatti che non siano specificamente reati”, dovendo prevalere in ogni caso l’interesse del minore “ad un regolare processo di maturazione che potrebbe essere profondamente disturbato o deviato da spettacolarizzazioni del suo caso di vita”. E ricorda che l’art. 7, comma 1°, del codice di deontologia dei giornalisti “impone di non pubblicare il nome dei minori coinvolti in fatti di cronaca, né di fornire particolari in grado di condurre alla loro identificazione”.
La notizia secondo cui una ragazza ha subito un trauma per il cattivo funzionamento di un giocattolo rientra in quella spettacolarizzazione di fatti privati che la Carta di Treviso ha voluto espressamente vietare con riferimento ai minori. Tra l’altro, qui non si può nemmeno dire che la divulgazione del fatto abbia soddisfatto il benché minimo interesse pubblico. Non si vede, infatti, quale potrebbe essere l’interesse della collettività a sapere che una ragazza si è sentita male a causa dello sconforto procurato dal guasto di un “pulcino elettronico”. E' questa, più che altro, la violazione nel caso specifico.
Una notizia, quindi, che ha l’unico effetto di consegnare la minore al pubblico ludibrio, quantomeno con riferimento all’ambiente interessato dalla sua quotidianità. La notizia, infatti, ha senza dubbio permesso l’identificazione della minore quantomeno nella cerchia delle conoscenze, riportando le iniziali di nome e cognome, l’istituto scolastico frequentato e persino la classe. Ciò ha senz’altro provocato, quantomeno all’interno dell’istituto scolastico indicato, un morboso interessamento degli studenti alla identificazione visiva della sventurata.
E’ facile immaginare la situazione di estremo disagio in cui la ragazza si è venuta a trovare una volta appresa la notizia dal quotidiano. E il conseguente durevole scherno al quale è stata certamente sottoposta da amici e compagni di scuola. Una situazione che, data la giovane età, potrebbe incidere negativamente su quel processo di maturazione che la Carta di Treviso vuole assolutamente inalterato. Con ogni probabilità la diffusione della notizia ha prodotto effetti molto maggiori di quelli procurati dal fatto stesso.