Messaggio da Bitonto:
non divulgare mai
la promozione dell'inquisito
Bologna, 22 settembre 2008
(avv. Antonello Tomanelli)
21 agosto 2008. Daniele Martinelli, giornalista, si presenta presso il comune di Bitonto (Bari) per parlare con il sindaco Raffaele Valla in merito alla recente nomina a capo della polizia municipale di Leonardo Di Paola, indagato dalla procura di Bolzano per i reati di peculato, falso in atto pubblico, abuso d’ufficio e truffa aggravata. Di Paola avrebbe commesso questi reati in qualità di dirigente della polizia di frontiera in Alto Adige.
Martinelli chiede un’intervista al sindaco, ma gli viene negata. Deve accontentarsi di conferire con Domenico Pantaleo, capo di gabinetto del comune di Bitonto, il quale, nel comunicargli l’indisponibilità del sindaco, esprime l’indignazione del comune per quella che definisce “una persecuzione” della magistratura di Bolzano nei riguardi di Di Paola. Ha giudizi critici nei riguardi di Cuno Tarfusser, procuratore capo di Bolzano, per aver definito quella nomina “uno scandalo”. Invita Martinelli ad accontentarsi di uno scarno comunicato stampa della Giunta, che solidarizza con Di Paola. Pantaleo non sa che Martinelli sta riprendendo il colloquio con una telecamera nascosta.
Il filmato finisce sul blog di Daniele Martinelli. Il giornalista commenta l’accaduto come fa di consueto, sottolineando che il sindaco si è sottratto all’intervista “come nella miglior tradizione mafiosa”.
Il 15 settembre Martinelli riceve dall’avvocato del sindaco una richiesta di risarcimento danni, con riserva di querela. Non una richiesta di cancellazione del filmato, come sarebbe logico attendersi. Nella lettera il legale contesta la “violazione della riservatezza” e la “diffusione di immagini di uffici e soggetti pubblici senza alcuna legittimazione”, nonché la portata diffamatoria della frase che sottolinea la natura mafiosa del comportamento del sindaco.
Va precisato che la lettera stessa è un po’ confusa. Scritta esclusivamente in nome e per conto del sindaco, denuncia una “violazione della riservatezza” di cui al limite soltanto Domenico Pantaleo, capo di gabinetto che risponde al posto dell’assente sindaco e unico inquadrato dalla telecamera, potrebbe lamentarsi. Poi, l’asserita illegittimità della “diffusione di immagini di uffici e soggetti pubblici” contiene una evidente contraddizione in termini: è ontologicamente impossibile ritagliare un diritto alla riservatezza nei locali di un comune, luogo pubblico per antonomasia, quando l’attività di raccolta di dati personali (immagine, voce, etc.) è destinata a soddisfare un interesse pubblico. Qui l’interesse pubblico è dato dalla notizia secondo cui, da un lato, un pubblico ufficiale indagato dalla magistratura per gravi reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni diventa addirittura il capo di una polizia municipale; dall’altro, un’amministrazione comunale evita contatti con i giornalisti affidandosi a scarni comunicati stampa, in spregio al fondamentale principio di trasparenza dell’azione dei pubblici poteri.
Quanto appena detto trova un chiaro riscontro normativo. L’art. 2 del codice di deontologia dei giornalisti (che è parte integrante del D.Lgs. n. 196 del 2003, meglio noto come “Codice della Privacy”) eccezionalmente dispensa il giornalista dall’osservanza di quegli obblighi che chiunque esercita un’attività di raccolta di dati personali è di regola tenuto ad osservare (primo fra tutti l’obbligo di ottenere il consenso sia per la raccolta che per la diffusione di dati personali) quando ciò “renda altrimenti impossibile l’esercizio della funzione informativa”. In altre parole, il giornalista non è tenuto né a dare la cosiddetta “informativa” né (logicamente) ad ottenere il consenso dell’interessato per raccogliere e diffondere un dato personale quando si accinga a divulgare un fatto di interesse pubblico (ecco la “funzione informativa”).
Nel caso specifico, non avendo Martinelli alcun obbligo di ottenere il consenso dei dirigenti del comune di Bitonto nell’acquisire e divulgare quel fatto di interesse pubblico, ne deriva che la diffusione del filmato è del tutto legittima.
Quanto alla frase scritta da Martinelli sul proprio blog, relativa al comportamento del sindaco che ha “rifiutato l’intervista come nella miglior tradizione mafiosa”, solo attraverso un’interpretazione capziosa si potrebbe attribuire al giornalista l’intenzione di dare del mafioso al sindaco di Bitonto. Martinelli ha espresso un duro giudizio rimanendo nei binari del diritto di critica. Voleva semplicemente rilevare la stridente contraddizione insita nel comportamento di chi, ricevuto il mandato a gestire un’amministrazione nell’interesse di una collettività, evita di apparire per rispondere alle domande su un evidente caso di mala gestio. Chi viene eletto per amministrare un territorio non può nascondersi proprio nel momento in cui ne viene denunciato il cattivo operato. Non può, cioè, fare come i mafiosi, che sono i maestri della gestione occulta e vedono la visibilità come il fumo negli occhi. E’ questo, solo questo il senso della critica di Martinelli.