Informazione e tg4:
analisi giuridica
della conduzione di Emilio Fede
Bologna, 4 agosto 2008
(avv. Antonello Tomanelli)
Commistione tra cronaca e critica. E’ questo il modo più efficace per rappresentare lo stile di Emilio Fede quando conduce il tg4. Uno stile che se può risultare accattivante per il pubblico televisivo meno evoluto, certamente si sostanzia nella violazione più grezza, più palese in cui può incorrere un giornalista.
Il giornalista conduttore di un tg relaziona il telespettatore al fatto in tempo pressoché reale. Tramite i telegiornali viene acquisita la notizia. E’ il momento della cronaca in senso stretto. Momento molto delicato, perché la conoscenza che avrà il telespettatore del fatto o del comportamento oggetto di notizia dipenderà moltissimo non solo da cosa dirà il conduttore, ma anche da come lo dirà.
Essendo il tramite tra il fatto e la collettività, il giornalista conduttore deve comunicare la notizia così come nata dalla fonte, ossia nella maniera più asettica. Non deve mai eccedere lo scopo informativo. Il suo linguaggio deve essere misurato e non può esprimere giudizi, a meno di non dover riportare dichiarazioni altrui, nella misura in cui costituiscano “notizia”. Se non si attiene a tali basilari prescrizioni, il giornalista conduttore viola il requisito della continenza formale.
Nella cronaca la continenza formale è a presidio dell’obiettività dell’informazione. Una notizia accompagnata dal tono scandalizzato del conduttore, dal suo tentativo di mettere in cattiva luce la persona cui la notizia si riferisce, perde la sua originaria obiettività e si fonde con il giudizio critico del conduttore. Con l’ovvia conseguenza che il telespettatore finirà per acquisire la notizia non nella sua obiettività, ma “sporcata” dalla visione personale che di essa ha il conduttore.
Per questi motivi, la più clamorosa ipotesi di violazione del requisito della continenza formale si ha quando viene espressa una critica in un contesto di cronaca, data la deformazione che inevitabilmente subisce la notizia. Proprio come spesso fa Emilio Fede quando conduce il tg4. Per fare un esempio recente, all’indomani del “No Cav Day” Emilio Fede ha aperto il tg affermando che “Non c’è aggettivo che possa rendere la realtà di quello che è accaduto ieri in piazza Navona”, qualificando i partecipanti “una folla di scatenati che ha mortificato il paese civile” e più volte apostrofando Antonio Di Pietro come “il trebbiatore di Montenero di Bisaccia”, nei cui confronti “fango è l’aggettivo [sic!] più cortese che si possa usare”.
Quello mandato in onda al tg4 del 9 luglio scorso è il classico “editoriale”, pur se di dubbio gusto. Ma è un editoriale a firma dello stesso conduttore, al quale è invece demandata la funzione di garantire l’obiettività e l’imparzialità dell’informazione, evitando qualsiasi “artificio”, come il semplice giudizio critico, che possa suggestionare il telespettatore. L’editoriale, come accade nella carta stampata, va scorporato dalla notizia. Va fatto da un soggetto e in un contesto diversi rispetto alla diffusione della notizia.
Non c’è dubbio, quindi, che la conduzione di Emilio Fede non può trovare legittimità in un sistema democratico, dove “la sovranità appartiene al popolo” (art. 1 Cost.) e la notizia va conseguentemente veicolata in modo tale da garantire al telespettatore (sovrano) di acquisirla nello stesso stato in cui è nata. Poi, la stessa circostanza, frutto del conflitto di interessi, che Emilio Fede sia contrattualmente subordinato al leader della maggiore forza politica rappresentata in Parlamento e capo del Governo, rende il suo tg assolutamente incompatibile con il concetto di obiettività dell’informazione. E lo avvicina al modello del tg di regime, dove il concetto di obiettività della notizia non esiste, essendo la notizia necessariamente “mediata” da chi detiene il potere.
Nessun dubbio nemmeno sulle sanzioni che dovrebbero conseguire ad un simile tipo di conduzione. Tutte le decisioni dell’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni (Agcom) fanno leva sulla “obiettività, la completezza, la lealtà e l’imparzialità dell’informazione”: formula peraltro presente in tutti i testi di legge che fin qui si sono succeduti nella disciplina del sistema radiotelevisivo, dalla “legge Mammì” del 1990 al Testo Unico sulla Radiotelevisione del 2005 (art. 3). Pertanto, l’Agcom dovrebbe intervenire con una sanzione esemplare a difesa di quello che è un principio irrinunciabile in una democrazia.
Anche da un punto di vista deontologico il comportamento di Emilio Fede è censurabile. La critica espressa in un contesto di cronaca, inducendo il telespettatore a travisare il fatto, finisce per violare il dovere di verità, caposaldo del diritto di cronaca e, tra i doveri del giornalista, quello più pregnante. Un simile tipo di conduzione dovrebbe senz’altro stimolare l’intervento dell’Ordine dei Giornalisti, per sanzionare duramente un comportamento assolutamente incompatibile con i principi che regolano l’informazione in uno stato democratico.