Berlusconi hard:
dove finisce il gossip
e incomincia la pornopolitica
Bologna, 5 luglio 2008
(avv. Antonello Tomanelli)
A meno di clamorosi ripensamenti, non ci sarà più un decreto intercettazioni. I presupposti della necessità e dell’urgenza sembrano svaniti d’incanto. Quella necessità e quella urgenza che l’art. 77, comma 2°, Cost. pretende collegate a “casi straordinari” perché il Governo possa legiferare per decreto.
Ma mentre il Costituente evidentemente pensava alla cura dell’interesse generale, da quanto trapelato sembra che il presidente del Consiglio Berlusconi volesse proteggere il più personale degli interessi. Necessità e urgenza a fronte dell’imminenza della pubblicazione di alcune intercettazioni che lo ritrarrebbero in estenuanti giochi erotici con giovani ministre; e mentre parla con l’amico Confalonieri delle tangenti sessuali versategli dalle stesse in cambio di una rapida e folgorante carriera politica.
Dunque, un decreto legge per occultare quelle conversazioni, ma ufficialmente emanato per salvaguardare la privacy dei cittadini dall’oppressione giudiziaria. Il blocco definitivo dell’Informazione per impedire una singola pubblicazione. Se questo decreto legge fosse stato emanato, ci saremmo trovati di fronte al più clamoroso caso di censura mai registrato nel mondo occidentale.
A parte ciò, la vicenda riapre l’annosa questione dei limiti del diritto di cronaca. La domanda che va posta è la seguente: fino a che punto si estende la tutela della riservatezza del personaggio pubblico?
Come sempre, la risposta va ricercata nell’interesse pubblico che la pubblicazione è destinata a soddisfare. Un interesse pubblico che va valutato nella maniera più obiettiva, per evitare che si confonda con la curiosità morbosa, sempre all’erta quando ad essere diffusi sono particolari della vita sessuale, considerati dall’art. 4, comma 1° lett. d) del Codice della Privacy quali dati sensibili.
La risposta è nel codice di deontologia dei giornalisti, parte integrante del Codice della Privacy. Da un lato, l’art. 6, comma 2°, secondo cui “La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica”. Dall’altro, l’art. 11, comma 2°, che ammette la descrizione delle abitudini sessuali “nell’ambito del perseguimento dell’essenzialità dell’informazione e nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica”.
La soluzione, quindi, è semplice. Il personaggio pubblico, soprattutto il politico, ha un rapporto con la collettività. Un rapporto caratterizzato proprio dal tipo di funzione, espletata su delega di quella collettività che la Costituzione considera titolare della sovranità (“La sovranità appartiene al popolo”, dice l'art. 1). Si tratta di un rapporto continuo, che deve svilupparsi nella massima trasparenza e verità. Incaricata di mantenere il collegamento tra personaggio pubblico e collettività è proprio l’Informazione (e, per essa, il giornalista). Ebbene, il dato sessuale (sensibile) può essere diffuso se la sua conoscenza incide sul rapporto del personaggio pubblico con la collettività.
Ora, nel caso in questione, non può certo considerarsi di interesse pubblico conoscere le parole che fanno da contorno ai giochi erotici telefonici di Berlusconi con alcune sue ministre. Che Berlusconi sia un maiale francamente non deve interessare nessuno, se non lui e le sue interlocutrici, che pare non siano da meno. Per costoro, essere maiali non può in alcun modo pregiudicare l’esercizio delle loro funzioni pubbliche. Insomma, siamo nel peggior gossip, che penetra nella sfera (più) privata del personaggio pubblico e che invece va tutelata come quella di qualsiasi soggetto. Quelle conversazioni non costituiscono notizia. La loro pubblicazione costituirebbe una palese violazione del diritto alla riservatezza.
Stessa conclusione va adottata per quelle conversazioni che pare siano state intercettate tra due ministre e vertenti sul come gratificare sessualmente Berlusconi, con particolare riferimento a precise anatomie. E’ chiaro che da tali conversazioni la collettività non potrebbe trarre spunti sul come il presidente del Consiglio e le sue ministre governano l’Italia. Trattasi di conversazioni la cui acquisizione obiettivamente non può incidere sul rapporto che li lega alla collettività, poiché i destini del Paese non dipendono minimamente dall’organo sessuale di Berlusconi, né dal come alcune ministre si consigliano di maneggiarlo. Qui siamo al livello del caso Sircana, il cui accostarsi in auto ad una prostituta transessuale non poteva minimamente incidere sulla sua attività di portavoce del governo Prodi.
Opposte conclusioni vanno invece tratte dalla telefonata intercettata tra Berlusconi e l’amico Confalonieri, da dove emergerebbe che la nomina di alcune ministre è sostanzialmente dipesa dai loro favori sessuali. Sebbene la composizione del governo rientri nei poteri discrezionali di un premier, non c’è dubbio che l’assegnazione di un dicastero in base alla disponibilità sessuale della sua titolare costituisca comportamento non solo vergognoso, ma anche dannoso per la stessa collettività, che di conseguenza ha il diritto di sapere. L’intreccio tra sesso e affidamento di delicatissime funzioni pubbliche sconfina nella pornopolitica, stretta parente della corruzione. Qui l’interesse pubblico alla conoscenza di quelle conversazioni riemerge in tutta la sua pienezza prevalendo su qualsiasi profilo di riservatezza. Qui c'è la notizia, perché la pubblicazione mira a ristabilire il rapporto tra Berlusconi, ministre e collettività in termini di verità.
Una verità, peraltro, particolarmente imbarazzante se si pensa allo stridente contrasto che produce l’accostamento del nome di uno di questi dicasteri al comportamento di chi avrebbe ceduto le proprie grazie per ottenerlo. E che, nel contempo, allontana sempre di più il Cavaliere dal sogno di salire un giorno al Quirinale, per avvicinarlo alla figura ironicamente evocata da Di Pietro soltanto qualche giorno fa.