Corte di Cassazione:
garantita la privacy
del Berlusconi sciupafemmine
Bologna, 31 maggio 2008
(avv. Antonello Tomanelli)
Silvio Berlusconi attorniato e coccolato a più riprese da cinque ragazze all’interno di Villa Certosa, sua residenza estiva a Porto Rotondo. E’ quello che vedono milioni di italiani il 17 aprile 2007 dopo l’uscita del settimanale “Oggi”, autore dello scoop intitolato “Le bagatelle di Berlusconi”, un servizio accompagnato da quindici fotografie, una delle quali in copertina.
Ma il Cavaliere non la prende bene e querela. Reato: “Interferenze illecite nella vita privata” (art. 615 bis del codice penale), che punisce chi “mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’art. 614”, ossia quei luoghi tecnicamente riconducibili al concetto di “domicilio”.
Il Gip di Milano emette quel provvedimento (poi confermato dal Tribunale) che si chiama sequestro preventivo, e che viene disposto “quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati” (art. 321 del codice di procedura penale). Vengono così sequestrate tutte le fotografie (circa 400) e i negativi detenuti da Rcs, l’editore del settimanale.
La difesa di Rcs contesta il provvedimento invocando l’art. 21 Cost. La norma, dopo aver sancito che “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” (comma 2°), stabilisce che “Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi” (3° comma). La legge che autorizza il sequestro della stampa è il Regio Decreto Legislativo n. 561/1946, che all’art. 1 consente in generale il sequestro di “edizione dei giornali o di qualsiasi altra pubblicazione o stampato”, ma soltanto “in virtù di una sentenza irrevocabile dell’autorità giudiziaria” (non di un decreto, che è la forma del provvedimento con cui si dispone il sequestro preventivo). E laddove lo stesso Regio decreto prevede ipotesi di sequestro preventivo (ossia disposto non con sentenza), le limita a quelle “pubblicazioni o stampati che ai sensi della legge penale sono da ritenere osceni o offensivi della pubblica decenza” (art. 2). Ipotesi, cioè, non riconducibili al caso in questione.
Ma la Corte di Cassazione (sentenza n. 17408/2008) ha definitivamente confermato quel provvedimento. Con un ragionamento che alla fine è sintetizzabile in questo passo della sentenza: “Non possono farsi rientrare tra gli stampati e le copie di quotidiani o di giornali periodici le fotografie ritraenti atteggiamenti della vita privata ottenute con una condotta costituente reato, mediante intrusione in luoghi di privata dimora con mezzi tecnici particolari, perché esse non attengono alla manifestazione del pensiero”. In altre parole, anche le fotografie sono considerate pubblicazioni tutelate dall’art. 21 Cost., ma non quando attraverso di esse vengano diffusi comportamenti rientranti nella sfera personale di un soggetto e carpiti da un domicilio privato.
Il ragionamento è da condividere. Non si capisce, infatti, dove possa essere l’interesse pubblico nella diffusione di immagini che ritraggono Berlusconi coccolato da cinque ragazze. Qui siamo nell’area della cronaca scandalistica, un genere che si situa alla estrema periferia del diritto di cronaca perché, non soddisfando un obiettivo interesse pubblico, implica sempre una violazione del diritto alla riservatezza. E va ritenuta legittima soltanto in presenza del consenso, esplicito o implicito, del soggetto preso di mira (sulla questione si veda la cronaca scandalistica). E qui un consenso implicito di Berlusconi alla diffusione di quelle fotografie è da escludersi a priori, proprio perché trattasi di comportamenti tenuti non alla luce del sole, ma in un domicilio privato.
Ma il ragionamento della Suprema Corte porta ad una soluzione diversa quando la pubblicazione delle immagini tratte dal domicilio privato soddisfi un reale interesse pubblico. Ad esempio, se al posto delle cinque ragazze, insieme a Berlusconi fosse stato ripreso un mafioso o un terrorista internazionale, le relative immagini avrebbero costituito avvenimento di sicuro interesse pubblico. In quel caso le fotografie sarebbero state considerate “stampati” coperti dalle garanzie di cui all’art. 21 Cost. (quindi sequestrabili non attraverso un provvedimento di sequestro preventivo, ma solo a seguito di sentenza irrevocabile) benché tratte da un domicilio privato.
La sussistenza del reato di “interferenze illecite nella vita privata” viene quindi neutralizzata dalla funzione informativa che la diffusione delle relative immagini realizzerebbe. Il concetto di “vita privata” non si riferisce al luogo dal quale le immagini sono tratte, ma a ciò che quelle immagini rappresentano per la collettività. Chi cattura immagini da un domicilio privato commette sempre il reato di cui all’art. 615 bis c.p. Ma quando la loro acquisizione è funzionale ad un interesse pubblico, che verrebbe soddisfatto attraverso la loro diffusione, il reato è escluso perché quelle immagini non possono considerarsi “attinenti alla vita privata”. Quindi, non potrà essere punito il giornalista sorpreso a scattare foto al noto politico mentre partecipa ad un summit mafioso all’interno di una villa, o al noto cardinale in compagnia di alcune squillo. Questi, in considerazione dei loro comportamenti, non possono invocare il diritto alla riservatezza. Ed è innegabile qui lo stretto collegamento che sussiste tra il comportamento (astrattamente illecito) del giornalista e la funzione informativa garantita e incoraggiata dall’art. 21 Cost.