Charlie Hebdo e
il terremoto ad Amatrice:
satira brutta ma legittima
Bologna, 18 settembre 2016
(avv. Antonello Tomanelli)
Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, il comune italiano più colpito dal sisma del 24 agosto, ha presentato alla procura di Rieti formale querela per diffamazione nei confronti del periodico Charlie Hebdo, reo di aver pubblicato alcune vignette che ironizzano sulle vittime del terremoto e insinuano, in maniera per nulla velata, che le case sono crollate in quanto costruite dalla mafia.
In particolare, sono due le vignette che hanno fatto saltare i nervi al sindaco di Amatrice. Nella prima, sono raffigurati due uomini dai lineamenti poco delicati le cui teste sono cosparse di succo di pomodoro, che evoca il sangue delle vittime, accanto ad un cumulo di macerie da cui spuntano degli arti come imprigionati in una sfoglia. Sopra i disegni, campeggia il titolo “Séisme a’ l’italienne”, con quello che rappresenta una sorta di sottotitolo dalla seguente dicitura: “Sauce tomate, Penne gratinées, Lasagnes”.
Nella seconda vignetta, un uomo dai lineamenti stravolti e grondante sangue, sotto il titolo “Italiens…” piange disperato tra le macerie ed esclama: “C’est pas Charlie Hebdo qui construit vos maisons, c’est la Mafia!”.
Si tratta, senza timore di smentita, di vignette così brutte, ma soprattutto così cretine, che riesce davvero difficile pensare che qualcuno possa in qualche modo essere indotto ad acquistare quel periodico, sapendo che è redatto da soggetti la cui creatività è in grado di partorire simili scadenti prodotti. Tutti noi ricordiamo le volgari vignette di Charlie Hebdo contro l’Islam, che peraltro realizzarono il reato di vilipendio della religione musulmana. Tuttavia, con riferimento alla querela presentata dal Sindaco, per quanto ci si voglia comprensibilmente sforzare, riesce difficile scorgere profili di illiceità.
Si parta da un presupposto fondamentale: secondo la nostra Costituzione la satira è espressione artistica. E l’art. 33 Cost. è categorico; “L’arte [e la scienza] sono libere e libero ne è l’insegnamento”. La norma non dice null’altro, almeno su eventuali limiti alla sua espressione. Sotto questo aspetto, il vignettista, in quanto artista, gode di una libertà incomparabilmente maggiore di quella riservata, ad esempio, al giornalista, o a chiunque voglia manifestare un pensiero. Basti, infatti, leggere l’art. 21 Cost., che garantisce sì la libertà di pensiero, ma prevede anche la possibilità, da parte dell’autorità giudiziaria, di procedere a sequestro “nel caso di delitti”. Con una manifestazione del pensiero razionale si possono (ma non si devono) commettere reati, primo fra tutti la diffamazione.
L’arte, dunque, gode di ampia libertà. Ma non illimitata. Anche l’artista, nel manifestare la propria creatività, e soprattutto quando vuole lanciare un messaggio, può far male a qualcuno, proprio come può farlo un articolo di cronaca o di critica. Anche la manifestazione artistica può tradursi in un attacco, nel momento in cui decide di affidarsi, almeno in parte, ai canoni della razionalità. Se è indubitabilmente inconcepibile punire una manifestazione artistica perché semplicemente brutta (è il caso della prima vignetta), la questione si complica quando la stessa manifestazione, per quanto brutta sia, ma per il fatto di voler comunicare un messaggio razionale, arriva a ledere l’altrui reputazione, laddove Charlie Hebdo comunica che i palazzi di Amatrice sono stati costruiti dalla mafia (è il caso della seconda vignetta). Lesione, per evidenti motivi, della reputazione del querelante comune di Amatrice.
Ora, se un giornalista, in un articolo di cronaca o in un editoriale, avesse scritto che ad Amatrice i morti vi sono stati perché seppelliti sotto palazzi costruiti dalla mafia, non c’è dubbio che si tratterebbe di diffamazione. La cronaca deve basarsi sulla verità dei fatti. E nessun dato fattuale salverebbe l’ipotetico articolista, poiché non risulta nemmeno paventato (almeno fino a questo momento) che i palazzi crollati ad Amatrice siano stati costruiti dalla mafia.
Diversa conclusione vale per la vignetta di Charlie Hebdo, in quanto satira. La satira, a differenza della cronaca e della critica, non deve sottostare al requisito della verità dei fatti. Anzi, per sua natura li deforma. La satira può legittimamente basarsi su dicerie, se di dominio pubblico. La vignetta in questione si basa sul luogo comune che tutto ciò che sorge in Italia è opera della mafia, come il nostro Paese è all’estero identificato, oltre che per le opere d’arte e le bellezze naturali, anche per gli spaghetti, la pasta al pomodoro, le lasagne, e appunto la mafia.
Il concetto è chiarito dalla giurisprudenza, laddove dice che la satira, quando potenzialmente lesiva della reputazione, proprio perché può (liberamente) prescindere dalla verità dei fatti, è legittima quando sussiste un nesso di coerenza causale tra la dimensione pubblica del personaggio preso di mira e il contenuto del messaggio satirico. Una dimensione pubblica, quella del comune di Amatrice, caratterizzata, senza ombra di dubbio, non solo dall’essere stata appena colpita da un forte terremoto, ma anche dall’appartenere (suo malgrado) ad un Paese infiltrato dalla mafia in vari settori, anche nel ramo dell’edilizia.
Non può, quindi, ritenersi illegittima una vignetta che deforma la realtà fino a (messaggio satirico) imputare alla mafia la costruzione degli edifici crollati ad Amatrice. L’errore di Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, è di aver voluto esigere da una vignetta satirica la stessa serietà e lo stesso metodo che devono guidare il giornalista in un articolo di cronaca. E’ comprensibile la rabbia del sindaco nei confronti di vignette che Charlie Hebdo avrebbe potuto risparmiarsi, in quanto povere di contenuti, puerili, banali e stupide (ma non è certo la prima volta, né sarà l’ultima). Ma se per la satira si applicasse il parametro di valutazione della liceità proposto dal sindaco di Amatrice, si arriverebbe a giudicare illecita persino La Guernica, il capolavoro che Picasso espose a Parigi nel 1937 in risposta al bombardamento dell’omonima cittadina basca da parte dell’aviazione tedesca e italiana.