Povia su Facebook
insulta gli omosessuali
e diffama l'Arcigay
Bologna, 9 febbraio 2012
(avv. Antonello Tomanelli)
“Ah adesso ho capito… che per caso fate tutti parte dell’arcigay? Ma se siete nati ‘così’ non è mica colpa mia, prendetevela con i vostri genitori e con la musica di merda che ascoltate! Però se vi serve una mano ditelo eh, posso darvi qualche supposta di Eterox ah ah ah (ridodibbrutto) ;))))))))))”.
“Per i tre sfigati che vengono a rompere, ho un pezzo rap da dedicarvi: // anche se, a tutti piace la patata, tranne teeeee // forse perché a te piace l’uccèèèè // ma che cosa tu vuoi da meeeeee // se sei gay prenditela con teeeeeee // (rido) ;))))”.
Sembrerebbero le frasi di un ragazzo poco in pace con se stesso e, soprattutto, di scarsissimo spessore intellettivo, di quelle che non di rado si leggono nei forum a tema. Stavolta però quelle frasi fanno notizia perché risultano essere state postate su Facebook da Giuseppe Povia, diventato famoso per aver presentato a Sanremo 2009 la discussa canzone “Luca era gay”, che narra di un ragazzo omosessuale che si “redime” e finisce per innamorarsi di una “lei”.
Povia ha smentito categoricamente di essere l’autore di quei post, accusando ignoti di avergli clonato il profilo. Ma sono in pochi a credergli. Vediamo cosa potrebbe accadergli se avesse davvero postato quelle frasi.
In nessun modo Povia potrebbe eccepire la violazione della privacy. Suo malgrado, resta un personaggio pubblico. E che quelle frasi siano state attribuite ad un cantante contestato sul palco di Sanremo per un pezzo ritenuto “omofobo”, rende indubbia la sussistenza di un interesse pubblico alla divulgazione di quelle frasi su larga scala.
Tuttavia, vi è un problema. In Italia, a differenza di quasi tutti i paesi dell’Unione Europea, che hanno recepito al loro interno diverse direttive comunitarie, non esiste una legislazione che reprima le manifestazioni omofobe. L’omosessuale che si sente urlare “frocio di merda” potrebbe al massimo sporgere una querela per ingiuria, come se gli avessero dato dello “stronzo”. E un insulto postato su un social network come Facebook, rivolto genericamente a chi è omosessuale, per l’ordinamento italiano rimane paradossalmente una libera manifestazione del pensiero.
Una lacuna incomprensibile, se si pensa che già da un pezzo il nostro ordinamento reprime le più gravi manifestazioni di intolleranza originate dall’appartenenza ad una diversa etnia o religione. E’ la legge 25 giugno 1993 n. 205, meglio nota come “Legge Mancino”, che punisce non solo la violenza, ma anche gli “atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. E se si considera che l’essere omosessuale costituisce quel dato personale sensibile che, insieme al dato sulla salute, il D.Lgs. n. 196 del 2003 tutela in maniera ben più incisiva di quanto non faccia con gli altri dati sensibili (quelli idonei a rivelare la razza, l’etnia, il credo religioso, l’ideologia di un individuo), non vi sarebbe nulla di più logico dell’estendere la Legge Mancino alle discriminazioni motivate da un diverso orientamento sessuale. Un passo semplice, ma che il parlamento italiano non è stato in grado di compiere per le fortissime resistenze opposte dalla Chiesa Cattolica, contraria a qualsiasi “legittimazione” della condizione omosessuale.
Tuttavia, se è vero che, allo stato attuale della legislazione, denigrare genericamente gli omosessuali non può ritenersi illecito (lo è invece, usando termini purtroppo ancora in voga, se si denigrano “negri” ed “ebrei” proprio grazie alla Legge Mancino), è senz’altro perseguibile chi, nel pubblicare insulti omofobi, individua un ente istituzionalmente preposto alla tutela dei diritti degli omosessuali come l’Arcigay.
Ed è proprio ciò che ha fatto il volgare e ingenuo Povia. Scrive che i gay sono “nati così”, attribuendone la 'colpa' ai loro genitori e al fatto di ascoltare “musica di merda”. Offre ai gay, facendo peraltro umorismo penoso, “qualche supposta di Eterox”. Ma introduce il tutto con la provocatoria domanda se coloro che non sono d’accordo con i suoi commenti fanno “tutti parte dell’arcigay”. Quegli insulti ai gay, che se presi isolatamente non sono perseguibili, in quei post diventano lesivi della reputazione dell’Arcigay, soggetto di diritto, ente esponenziale e punto di riferimento della comunità gay, in quanto direttamente chiamato in causa in quei volgari ed offensivi post e reso dallo stesso Povia recettore di quegli insulti. Di conseguenza, ben l’Arcigay potrebbe intentare una causa civile o penale nei confronti di Povia per diffamazione.