L’inchiesta di Trani:
perché Innocenzi e
Minzolini vanno cacciati

Bologna, 13 marzo 2010

(avv. Antonello Tomanelli)

Che da alcuni anni, ogni volta che una procura della Repubblica mette sotto controllo i telefoni di loschi individui, venga spesso fuori anche la voce di Silvio Berlusconi, la dice lunga sulle frequentazioni del nostro premier. Stavolta, però, c’è dell’altro. Quello che prima si poteva solo logicamente dedurre diventa prova (perché le intercettazioni tecnicamente sono prova). In Italia il sistema dell’informazione è, ai suoi massimi livelli, controllato e gestito da soggetti in rapporto di subordinazione con il capo del Governo e leader del maggior partito politico rappresentato in Parlamento.

E’ questo un elemento assolutamente incompatibile con il concetto di Democrazia. In una democrazia, il massimo grado di autonomia di chi, ad esempio, dirige una testata giornalistica come il Tg1 va manifestato proprio nei riguardi del Governo. Lo dice chiaramente la Carta dei Doveri del giornalista: “La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di altri organismi dello Stato”. Ciò significa che il giornalista deve unicamente perseguire l’interesse della collettività ad una puntuale informazione, a maggior ragione quando tale informazione leda gli interessi del Governo. E’ questo il dovere di autonomia, conseguenza di un rapporto diretto del giornalista con la collettività.

In un Regime, invece, il giornalista non ha un rapporto con la collettività. O meglio, il rapporto con la collettività è sempre mediato dai pubblici poteri, in primis dal Governo. Nessuna notizia pregiudizievole per esso va diffusa. Ogni sua azione va enfatizzata. Il giornalista ha un dovere di fedeltà nei riguardi del Governo, conseguenza di un rapporto di subordinazione.

Un simile discorso vale anche per le cosiddette Authority, che rientrano nella categoria delle cosiddette “Autorità amministrative indipendenti”. La loro principale caratteristica è l’assenza, nel loro operato, di qualsiasi forma di ingerenza da parte del Governo. Ciò vale a maggior ragione per l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), che vigila in un campo, come quello dell’informazione, che deve rimanere immune da qualsiasi ingerenza politica. E l’effettiva autonomia di un tale organismo dal Governo aiuta a misurare il grado di democrazia in un Paese.

Quanto sta trapelando dall’inchiesta di Trani, che vede indagati il premier Berlusconi, il commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi e (forse) il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, svela il marcio di una democrazia affossata. Un commissario dell’Agcom, organismo che secondo l’art. 1, comma 1°, legge n. 249 del 1997opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione”, riceve istruzioni dal premier per cancellare trasmissioni come “Annozero” (in procinto di dedicare una puntata sul caso Mills) e “Parla con me” (rea Serena Dandini di aver ospitato Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari). Addirittura Innocenzi mette a disposizione del premier risorse umane dell’Agcom per organizzare un esposto, vista la sua competenza a comminare sanzioni alle trasmissioni giornalistiche (e la cosa paradossale è che l’Agcom dovrebbe intervenire a seguito di esposti inoltrati da terzi). Mentre il direttore Minzolini promette a Berlusconi di aiutarlo a gestire la difficile situazione creatasi dopo le dichiarazioni del mafioso Spatuzza. Una promessa che manterrà con uno dei più imbarazzanti editoriali mai visti in un telegiornale.

Del premier è inutile parlare, finché resterà presidente del Consiglio. Ma non c’è dubbio che la posizione di soggetti come Innocenzi e Minzolini sia assolutamente incompatibile con un sistema democratico. Innocenzi va destituito, avendo tradito l’essenza dell’Agcom, organismo normativamente immune da ingerenze governative, mettendosi al servizio del presidente del Consiglio per ostacolare trasmissioni giornalistiche a lui invise. L’Agcom, con un commissario così, non è più credibile.

Dal canto suo, Minzolini ha tradito la fiducia che la collettività spontaneamente ripone in una testata giornalistica come il Tg1, che è la più seguita. Nel rapporto tra Minzolini e Rai, quanto emerso da quelle intercettazioni costituisce senz’altro “una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”, come dispone l’art. 2119 del codice civile. E’ il presupposto del licenziamento per giusta causa, la massima sanzione disciplinare che possa essere comminata ad un lavoratore, meglio noto come “licenziamento in tronco”, ossia senza il rituale preavviso.

Non solo. “Il rapporto di fiducia tra gli organi d'informazione e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista”, recita la Carta dei Doveri addirittura in premessa. Il comportamento di Minzolini è forse l’esempio più eclatante di violazione del dovere di autonomia che si possa immaginare. In questo modo Minzolini ha “con la sua condotta […] gravemente compromesso la dignità professionale fino a rendere incompatibile con la dignità stessa la sua permanenza nell'Albo”. E’ quanto dispone l’art. 55 L. n. 69 del 1963, istitutiva dell’ordinamento della professione di giornalista, laddove descrive il presupposto della radiazione.