Mills corrotto da Berlusconi
ma la disinformazione
crea l'assoluzione

Bologna, 27 febbraio 2010

(avv. Antonello Tomanelli)

Non c’è da meravigliarsi se il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, all’indomani della sentenza della Corte di Cassazione sul caso Mills, parla di “persecuzione delle toghe” ed esclama: “Che non si ripeta mai più”, dando così per scontata la propria assoluzione. E’ parte in causa, è comprensibile che menta. Ma le menzogne divulgate da soggetti deontologicamente vincolati al dovere di verità, ossia i giornalisti, rappresentano crepe nell’ordinamento democratico, fondato anche sulla naturale fiducia che la collettività nutre nei riguardi dei professionisti dell’informazione.

Un dovere di verità violato in vari modi. La maniera più eclatante è stravolgere completamente la decisione della Cassazione, dicendo che Mills è stato “assolto”. Niente di più falso. La Cassazione ha confermato che Mills fu corrotto da Berlusconi, quindi è colpevole. Ma è passato troppo tempo dalla commissione del reato: 10 anni e 2 mesi per l’esattezza. E il reato di corruzione, grazie alla legge n. 251 del 2005 (cosiddetta ex Cirielli), ha oggi un termine prescrizionale di 10 anni (contro i vecchi 15). Dunque, Mills è stato giudicato colpevole di corruzione in atti giudiziari. La Cassazione ha confermato il fatto che Berlusconi corruppe Mills. Ma ha dovuto “salvarlo” perché il reato è ormai prescritto.

Ora proseguirà il processo contro Berlusconi, che certamente si concluderà con una condanna, visto che se per la Cassazione Mills è colpevole (ma prescritto), lo è anche Berlusconi, avendo lui corrotto l’avvocato inglese. Ma per Berlusconi i termini prescrizionali non sono ancora scaduti, essendo rimasti sospesi durante la vigenza del Lodo Alfano, poi dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Per Berlusconi, la prescrizione arriverà fra 1 anno. Un tempo certamente sufficiente perché si arrivi almeno alla condanna di primo grado.

Ovviamente a dire ciò sono pochi. Il tg1, che conta milioni di telespettatori, nei titoli di apertura ha espressamente parlato di “assoluzione”, facendo credere ai telespettatori che David Mills è stato dichiarato innocente, quindi un perseguitato. Ha dato spazio all’avv. Niccolò Ghedini, secondo il quale la Corte di Cassazione “ha certificato l’insussistenza del reato”, senza uno straccio di giornalista che gli facesse notare, come di dovere, che si trattava di una spudorata menzogna.

Poi, “Il Giornale”, in un coraggioso articolo a firma Claudio Borghi dal titolo “Silvio perseguitato, ma nessuno paga”, addirittura paventa l’ipotesi che quei magistrati che “a detta della Cassazione” (ma secondo la sua faziosa interpretazione) hanno sbagliato a condannare Mills nei precedenti gradi di giudizio, dovrebbero pagare per il danno all’immagine inflitto a Berlusconi. Qui vi è un curioso rovesciamento della realtà. La Cassazione, infatti, dice che i magistrati dei precedenti gradi di giudizio hanno giustamente condannato Mills perché colpevole del reato contestatogli, tant'è che hanno confermato il risarcimento di Euro 250 mila che Mills dovrà pagare alla Presidenza del Consiglio costituitasi parte civile attraverso l’Avvocatura dello Stato. Insomma, secondo “Il Giornale”, in tutti questi anni Berlusconi ha subito un danno all’immagine a causa di quei magistrati che l’hanno inutilmente perseguitato. In realtà, è Mills che ha causato un danno all’immagine dell’ente Stato, facendosi corrompere da Berlusconi, che di fatto è concorrente nel reato.

Stiamo parlando di eclatanti violazioni del dovere deontologico di verità. Per quanto riguarda l’articolo su “Il Giornale”, esso è l’inevitabile conseguenza di un conflitto di interessi che obbliga, per contratto, l’articolista a subordinare il dovere deontologico di verità a quello di fedeltà nei confronti del proprio datore di lavoro, che è anche presidente del Consiglio. Nel caso del tg1, però, la violazione è molto più grave, in quanto non vi è alcun rapporto di lavoro tra il premier e chi conduce il tg1.

Si è mentito alla collettività per tutelare gli interessi del presidente del Consiglio. Qui è pienamente violato anche il dovere di autonomia (“La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore, del governo o di altri organismi dello Stato”, si legge nella Carta dei Doveri).

La Carta dei Doveri vuole che quello tra giornalista e collettività sia inteso come rapporto privilegiato. Il dovere di autonomia è violato ogni volta che il giornalista privilegia un altro tipo di rapporto, sacrificando quello con la collettività. In un regime, la subordinazione del giornalista agli interessi del governo è fisiologica. In una democrazia costituisce un tradimento della collettività, che andrebbe punito dall’Ordine competente con una sanzione adeguata.