Berlusconi ferito
e bomba degli anarchici:
Sallusti diffama Travaglio

Bologna, 21 dicembre 2009

(avv. Antonello Tomanelli)

Si tacerà sul fatto che gli autori dell’attentato sono fans di Santoro e di Travaglio e che quest’ultimo li ha confortati e forse incoraggiati sostenendo che è giusto odiare e augurarsi la morte fisica degli avversari politici”. E’ il passo dell’articolo a firma del vicedirettore Alessandro Sallusti intitolato “Il nuovo frutto dei cattivi maestri”, riportato sul quotidiano “Il Giornale” del 17 dicembre all’indomani dello scoppio dell’ordigno piazzato dagli anarchici nei sotterranei della Bocconi di Milano, e che probabilmente gli costerà una condanna per diffamazione nei confronti di Travaglio, il quale ha già preannunciato querela (ma al quale è consigliabile una causa civile).

L’articolo di Sallusti voleva porre in relazione la bomba degli anarchici con le affermazioni fatte da Marco Travaglio nel suo “Passaparola” di lunedì 14 dicembre. Una relazione che, a detta di Sallusti, sarebbe da rinvenire nell’affermazione di Travaglio secondo cui “è giusto odiare e augurarsi la morte fisica degli avversari politici”.

In realtà, come è facilmente verificabile, in quel “Passaparola” Travaglio non ha mai pronunciato quella frase. Travaglio ha effettuato una lucida analisi di come va concepito, in una democrazia, il rapporto tra collettività e presidente del Consiglio. Un rapporto che non si può pretendere di amore, ma che ben può essere, talvolta, soprattutto di fronte a certi comportamenti al limite della legalità costituzionale, di odio. Senza che ciò debba sconfinare in atti violenti, quale quello commesso da Tartaglia a Milano ai danni del presidente del Consiglio. Pretendere che tra elettore ed eletto vi sia un rapporto d’amore significa privare il primo di ogni capacità critica, poiché da chi ama non si può pretendere il riconoscimento di errori e colpe dell’amato.

In sostanza, mentre Travaglio sintetizzava la dialettica tra maggioranza e opposizione, ferma ma anche accesa, che deve animare ogni democrazia, Sallusti lo accusava di armare la mano dei violenti. I quali rappresenterebbero l’estremizzazione di quel fenomeno che consiste nel rifiuto di amare incondizionatamente il Capo. Chi non ama il Capo è fuori dal circuito democratico, pare azzardare Sallusti. E chi lo rivendica apertamente finisce per essere una sorta di “mandante morale” di quegli episodi di violenza posti in essere da coloro che lo odiano.

E’ evidente come un tale ragionamento abbia completamente distorto il pensiero di Travaglio. E non c’è dubbio che se attraverso una tale distorsione si pone in relazione di causa ed effetto quanto affermato da Travaglio con atti violenti quali il collocamento di una bomba, si commette il reato di diffamazione, poiché l’attribuire (falsamente) comportamenti considerati riprovevoli dalla collettività è chiaramente lesivo della reputazione.

La memorie corre alla celebre frase di Giuliano Ferrara, che nel corso di una puntata di “Porta a Porta” dell’ottobre 2003 definì il quotidiano L’Unità “giornale tecnicamente omicida”. Quella frase costò a Giuliano Ferrara 135 mila Euro, che dovette versare al quotidiano a titolo di risarcimento per la diffamazione accertata dal tribunale di Roma.

A ben vedere, si tratta di un precedente di un certo rilievo. Non vi è, infatti, una sostanziale differenza tra il definire un quotidiano “tecnicamente omicida” e l’accusare un giornalista di avere, con i propri scritti, incoraggiato un atto terroristico. Tra l’altro, non si può fare a meno di notare come il comportamento di Sallusti sia particolarmente grave se si considera che è indirizzato contro un giornalista, titolare della delicatissima funzione di informare la collettività. Accostare, in qualche modo, la figura di un giornalista ad un atto sconsiderato quale il collocamento di una bomba significa distruggerne la credibilità, intaccando il suo rapporto con la collettività. Qui la lesione della reputazione è evidente. Ci si aspetta, quindi, una condanna proporzionata alla gravità del fatto.