Caso Marrazzo:
quando il fatto privato
diventa di interesse pubblico
Bologna, 25 ottobre 2009
(avv. Antonello Tomanelli)
E’ bene precisarlo subito. Quanto trapelato in queste ore sul governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo, sorpreso a Roma agli inizi di luglio nell’abitazione di un transessuale, ritaglia una vicenda che non si può minimamente paragonare a quella che riguarda il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. A differenza di quest’ultimo, Marrazzo non ha mai portato prostitute nelle stanze del potere senza un minimo di controllo. Marrazzo non ha mai disertato gli incontri ufficiali per intrattenersi con delle prostitute, adducendo problemi fisici. Marrazzo non ha mai ricambiato i favori sessuali ricevuti candidando alle elezioni persone prive di ogni capacità rappresentativa. Marrazzo non ha mai sottoscritto, o solo appoggiato, leggi che puniscono i clienti delle prostitute. Marrazzo non ha mai pubblicamente propugnato i valori cattolici, né sponsorizzato giornate come il “Family Day”.
In altre parole, il comportamento del governatore della Regione Lazio non incide sul suo ruolo pubblico, perché non vi è alcuna contraddizione tra gli aspetti della sua vita privata emersi in queste ore e il modo di amministrare la regione Lazio o di presentarsi agli elettori. In sintesi, l’avere Marrazzo frequentato transessuali a pagamento costituisce il classico fatto privato, che la collettività non ha alcun interesse ad acquisire, e la cui divulgazione è, in punto di diritto, illegittima. La conclusione si può trarre dall’art. 6, comma 2°, del codice di deontologia dei giornalisti, che è parte integrante del cosiddetto Codice della Privacy, secondo cui “La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica”.
Ma, come è noto, quel fatto privato del governatore Marrazzo è stato ampiamente divulgato dai media, inducendolo ad autosospendersi dalla carica di governatore della regione. Una lezione di stile a chi, a fronte di fatti indicativi di una personalità opposta a quella pubblicamente ostentata a fini elettorali, persevera nel conservare incarichi ben più delicati. In ogni caso, la domanda che si impone è la seguente. Vi è stata ai danni del governatore Marrazzo una violazione di massa del diritto alla riservatezza, peraltro particolarmente grave visto che qui ad essere diffusi sono stati dati sensibili, in quanto idonei a rivelare la sua vita sessuale?
La sfortuna del governatore Marrazzo è stata quella di vedere associato un suo comportamento privato ad un’altra vicenda: quella di un gruppo di sottoufficiali dell’Arma dei Carabinieri, il corpo militare più prestigioso della Nazione, che ha messo in piedi un’associazione per delinquere dedita alla commissione di gravissimi reati che vanno dall’estorsione alla concussione, alla rapina aggravata, alla ricettazione, e nella cui rete il governatore del Lazio piuttosto ingenuamente è rimaschio invischiato.
E’ questo il vero fatto di interesse pubblico: che tra i collaudatissimi sottoufficiali dell’Arma dei Carabinieri vi siano autentici criminali che non si facevano scrupoli a ricattare il primo cittadino del Lazio. Si badi bene: sottoufficiali, non carabinieri ausiliari o che pattugliano le strade di Roma. E quando, venerdi sera, incominciò a trapelare la notizia di quattro carabinieri arrestati perché avevano estorto 20.000 Euro al governatore della Regione Lazio per non diffondere un video ritraente “suoi momenti intimi”, anche i sassi avevano capito che Marrazzo era stato sorpreso a consumare un rapporto sessuale “non tradizionale”.
Ed è questo il punto. Il fatto privato di Marrazzo, ossia l’essere sorpreso a consumare un rapporto sessuale con un trans, viene attratto dal fatto principale, di indubbio interesse pubblico: un’associazione per delinquere all’interno dell’Arma dei Carabinieri che ha estorto denaro al presidente della Regione Lazio. Qui la divulgazione del fatto privato non è solo legittima, ma anche necessaria. Ce lo fa capire l’art. 6, comma 1°, del codice di deontologia dei giornalisti: “La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti”.
E’ il principio di essenzialità dell’informazione. Significa che dettagli della vita privata possono essere raccontati quando ciò risulti indispensabile per una miglior acquisizione della notizia da parte della collettività. Il comportamento criminale di quei sottoufficiali (ossia la notizia) non avrebbe potuto essere compreso nascondendo che Marrazzo era stato sorpreso in compagnia di un transessuale, tanto da indurlo a sborsare una cifra esorbitante come prezzo del silenzio.
Tuttavia, va fatta una precisazione. Un conto è la divulgazione del fatto privato (la consumazione di quel singolo rapporto sessuale con il trans, che è alla base del ricatto) per garantire una miglior acquisizione della notizia di interesse pubblico (un’associazione per delinquere all’interno dell’Arma dei Carabinieri). Diverso è raccontare fatti che testimoniano uno stile di vita permanente di Marrazzo, senza alcun necessario collegamento col fatto principale.
Ci si riferisce alle interviste, pubblicate da diversi organi di informazione, rese da alcuni transessuali che si prostituiscono per strada, e che pare si accapigliassero per andare con Marrazzo in quanto molto generoso. Fatti senza alcun dubbio molto più imbarazzanti rispetto a quello che può essere l'isolato incontro con un transessuale a pagamento. Qui si sono travalicati i limiti del diritto di cronaca. Trattasi di fatti che non hanno alcuna attinenza col fatto principale (l'associazione per delinquere che ricattava Marrazzo). In quanto tali, conservano la loro natura privata e la loro divulgazione implica una evidente violazione della privacy.