Il padre di Noemi
fa causa a Repubblica.
Ma la diffamazione dov'è?
Bologna, 25 maggio 2009
(avv. Antonello Tomanelli)
Allo scopo di far luce sui rapporti tra Silvio Berlusconi e Noemi Letizia, il quotidiano “La Repubblica” intervista Gino Flaminio, l’ex fidanzato di Noemi, scaricato dopo che questa è entrata a pieno titolo nelle grazie del presidente del Consiglio. Un bravo ragazzo, che non nutre alcun rancore verso Noemi, e le cui dichiarazioni fanno pensare ad un rapporto diretto tra Noemi e Silvio, e non mediato dai genitori di lei, come ha sempre cercato di far credere il presidente del Consiglio.
Passa qualche ora dalla pubblicazione della videointervista, ed Elio Letizia, padre di Noemi, addirittura con un comunicato all’Ansa annuncia una querela nei confronti del quotidiano e dello stesso Flaminio, affermando: “Il racconto reso dal signor Flaminio, apparso oggi sul quotidiano La Repubblica e relativo a mia figlia Noemi, è gravemente diffamatorio, perché le attribuisce cose mai fatte né dette né pensate. Ciò che si legge è un nuovo commento di mera notorietà che il quotidiano La Repubblica, strumentalizzando, ha voluto concedere al signor Flaminio, a danno nuovamente dell’immagine di mia figlia Noemi”.
A parte i problemi che, con tale comunicato, il signor Letizia dimostra di avere con la lingua italiana, ciò che rileva è la sua intenzione di intentare un’azione legale per diffamazione. Probabilmente la volontà è da riferire a Noemi, visto che la ragazza, essendo ormai maggiorenne, ha il pieno esercizio dei propri diritti. Ma, a parte ciò, non si riesce a capire dove sia in questo caso la lesione della reputazione, che è il bene tutelato dall’art. 595 del codice penale, norma che punisce la diffamazione.
Racconta Gino Flaminio che tutto incomincia da quando Noemi, che aspira ad entrare nel mondo dello spettacolo, nell’estate 2008 lascia ad un’agenzia romana di casting un book fotografico. Lo visiona Emilio fede in persona, che incautamente lo lascia su un tavolo dopo un pranzo con Silvio Berlusconi. Questi, preso dagli impegni come capo del Governo italiano, ma folgorato dalla “purezza” e dalla “faccia d’angelo” della ragazza, incomincia a telefonarle. Lei non ha nulla da nascondere al proprio fidanzato, tanto che spesso gli fa ascoltare la voce del “papi” (così lo chiama). Nel giro di qualche settimana la ragazza diventa commensale del presidente del Consiglio, fino ad essere invitata a trascorrere il capodanno in Sardegna a Villa Certosa, la residenza estiva di Berlusconi.
Noemi ci va con un’amica, 17enne pure lei. Vi rimane per dieci giorni, insieme ad una quarantina di coetanee, tutte ospitate a Villa Certosa, comprese “due gemelline”. Gino non riesce mai a mettersi in contatto telefonico con lei. L’esperienza cambia la vita di Noemi, che ritornata a Napoli decide di lasciare Gino.
Ora, se si considera che la diffamazione consiste nella lesione della reputazione, francamente non si capisce dove sia tale lesione. L’avvenenza della giovane Noemi che abbaglia il nostro presidente del Consiglio, che le permette di presenziare a cene ufficiali e di trascorrere una vacanza nella sua residenza estiva, riecheggia un po’ la fiaba di Cenerentola: la ragazza del popolo che arriva alla corte del principe. Come la vicenda possa sollecitare nei confronti di Noemi un giudizio di riprovevolezza (che è alla base della diffamazione), francamente resta un mistero. Al limite, è sul presidente del Consiglio che un simile giudizio, per ovvi motivi, potrebbe cadere.
Esclusa a priori la lesione della reputazione di Noemi (quindi il reato di diffamazione), resta da analizzare l’aspetto civilistico della vicenda, ossia la lesione del diritto alla riservatezza (della ragazza, si intende). In generale, i fatti di una persona privi di rilevanza pubblica non possono essere oggetto di cronaca. E, in astratto, è difficile ipotizzare che quanto fatto da una minorenne nel suo tempo libero possa avere un qualche interesse pubblico.
Non così se quella minorenne ha uno stretto un rapporto con il presidente del Consiglio. Che Berlusconi, 73enne, da capo del Governo italiano trovi il tempo di frequentare minorenni, e addirittura di organizzare una settimana di capodanno con 40 ragazzine, pone seri dubbi sulla sua lucidità mentale, dubbi peraltro pubblicamente avanzati dalla moglie Veronica. E qui l’utilità di scandagliare la vita (originariamente) privata di Noemi è strumentale al controllo dell’opinione pubblica su un atteggiamento mentale francamente incompatibile con quello che dovrebbe caratterizzare chi si pone alla guida di un Paese. Qui il diritto alla riservatezza di Noemi viene fagocitato dall’interesse pubblico alla conoscenza delle reali condizioni psicofisiche in cui versa un presidente del Consiglio che da qualche tempo è ossessionato dal voler incidere pesantemente sulla Costituzione, adottando misure senza precedenti nella storia della Repubblica.
L’unico “neo” che potrebbe riscontrarsi nella videointervista di Gino Flaminio pubblicata sul sito di “Repubblica” riguarda una lettera d’amore che tempo addietro Noemi avrebbe scritto al suo ex fidanzato. L’operatore indugia sulla grafia di Noemi, rendendo leggibili alcune frasi intime. Francamente, non può considerarsi di alcun interesse pubblico la circostanza che Noemi giuri al suo fidanzato eterno amore chiamandolo “il mio piccolo porcellino gurghi”, e cose simili. Qui (ma solo qui) si sconfina nella violazione del diritto alla riservatezza. Poca cosa, comunque, rispetto a quella diffamazione ipotizzata dal padre di Noemi.