Vauro e la Borromeo
dalla Bignardi: un caso
di censura squinternata
Bologna, 14 maggio 2009
(avv. Antonello Tomanelli)
La censura, essendo vietata dall’art. 21 Cost., obbliga chi la effettua a mentire, nel tentativo di nascondere al pubblico la vera ragione: bloccare una manifestazione di dissenso. Quindi, chi censura deve essere bravo, perché deve fornire motivazioni credibili.
A volte le motivazioni ufficiali riescono a convincere molti, altre volte lasciano un po’ perplessi. Ma, francamente, quanto accaduto l’8 maggio scorso a Raidue in occasione della registrazione della consueta puntata del venerdi sera di “L’Era Glaciale”, condotta da Daria Bignardi, fa pensare non tanto ad un’intensificazione delle iniziative censorie, quanto all’evidente decadimento intellettuale e professionale dei vertici Rai. Insomma, in considerazione delle motivazioni addotte dal direttore di Raidue Antonio Marano per bloccare la messa in onda delle interviste a Vauro e a Beatrice Borromeo, quanto accaduto quel venerdi in viale Mazzini può tranquillamente definirsi un caso di censura squinternata.
I fatti. Vauro e la Borromeo si presentano dalla Bignardi per realizzare la programmata intervista. In breve, dalla Borromeo vengono denunciate le forti pressioni che la trasmissione di Santoro subiva dai vertici Rai durante la sua collaborazione ad “Annozero”. Vauro, dal canto suo e nel suo solito stile, si lascia andare a commenti poco lusinghieri nei riguardi dell’attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Finita l’intervista, la Borromeo viene coperta di insulti da un isterico Marano. Che impedisce alla Bignardi di mandarla in onda. Stessa sorte per Vauro. Motivazione ufficiale: siamo in campagna elettorale e quelle interviste vìolano la par condicio.
Una breve premessa. Un simile potere di intervento sui contenuti di un programma televisivo non è previsto da alcuna norma dell’ordinamento. In generale, l’art. 30 della legge n. 223 del 1990 (“Legge Mammì”) legittima i vertici Rai a controllare il contenuto dei programmi televisivi, ma al solo fine di impedire la messa in onda di trasmissioni a carattere osceno, o a contenuto impressionante o raccapricciante, o lesive dell’equilibrio psichico dei minori, in forza del rinvio agli artt. 14 e 15 della legge sulla stampa. In questi casi, la messa in onda può essere bloccata. E’ una soluzione normativa conforme all’art. 21 Cost., che vieta sì la censura (comma 2°) ma anche le manifestazioni di pensiero “contrarie al buon costume” (comma 4°).
Dal quadro normativo emerge che non è possibile cancellare o menomare una trasmissione televisiva né per prevenire una diffamazione, né tanto meno una violazione della par condicio. Al di fuori delle fattispecie delineate dall’art. 30 della Legge Mammì, l’intervento può essere solo successivo (condanna della magistratura, sanzioni della Commissione di Vigilanza Rai o dell’Authority, provvedimenti disciplinari, etc.) e mai preventivo, proprio perché l’intervento preventivo è la caratteristica tipica della censura.
Ma andiamo avanti. Marano ha motivato il blocco della messa in onda delle due interviste con la violazione della par condicio. Tuttavia, l’affermazione è generica. Vediamo cosa dice la legge.
L’art. 5, comma 4°, L. n. 28 del 2000 (“Legge sulla par condicio”) dice che durante la campagna elettorale, che ufficialmente inizia con la indizione dei comizi elettorali e termina con la chiusura delle operazioni di voto, “nelle trasmissioni informative riconducibili alla responsabilità di una specifica testata giornalistica […] la presenza di candidati, esponenti di partiti e movimenti politici, membri del Governo, delle giunte e consigli regionali e degli enti locali deve essere limitata esclusivamente all’esigenza di assicurare la completezza e l’imparzialità dell’informazione. Tale presenza è vietata in tutte le altre trasmissioni”.
La norma presuppone che i programmi televisivi siano suddivisi in tre generali categorie: i programmi di comunicazione politica, i programmi di approfondimento informativo, i programmi di intrattenimento (su ognuno si veda la sezione “La par condicio”). In campagna elettorale, nei primi la presenza di politici è d’obbligo. Nei secondi i politici possono intervenire solo se la trasmissione è ricondotta sotto la responsabilità di una testata giornalistica registrata (leggi “tg”, è il caso di “Porta a Porta”, “Ballarò”, “Annozero”: trasmissioni che con l’inizio della campagna elettorale vengono tradizionalmente riportate sotto una testata giornalistica, in modo da poter invitare politici). Invece, nei programmi di intrattenimento la presenza dei politici è, durante la campagna elettorale, incondizionatamente vietata.
Tra l’altro, in occasione delle consultazioni elettorali, la Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai (così come l’Authority per le reti private) emana sempre atti di indirizzo, che non solo ribadiscono il divieto di partecipazione dei politici ai programmi di intrattenimento (divieto previsto dall’art. 5, comma 4°, L. n. 28 del 2000), ma vietano, in generale, di trattare “temi di evidente rilevanza politica ed elettorale, né che riguardino vicende o fatti personali di personaggi politici”, come è appunto avvenuto con l’atto di indirizzo del 21 aprile 2009 (art. 2).
Ora, “L’Era Glaciale” della Bignardi è certamente classificabile come programma di intrattenimento. In esso, quindi, a partire dalla indizione dei comizi elettorali (1° aprile), non potrebbero apparire politici, né in generale si potrebbe disquisire di politica. Evidentemente, l’intervista alla Borromeo (che ha parlato di pressioni dei vertici Rai su “Annozero”) e quella a Vauro (che ha ammesso di non stimare particolarmente il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi) sono state dal direttore di Raidue Marano ritenuti “temi di evidente rilevanza politica ed elettorale” (sic!). Di qui l’ipotizzata violazione della par condicio (anche se si è parlato a sproposito di “mancanza di contraddittorio”).
E’ chiaro che simili interventi difficilmente potrebbero essere considerati di natura politica. Il peggio, però, è rappresentato da altro. Il direttore Marano ha impedito la messa in onda delle interviste alla Borromeo e a Vauro, ma ha consentito le altre. E tra queste spicca, per evidenti motivi, quella al leghista Luca Zaia, ministro per le Politiche Agricole!
La decisione del direttore di Raidue si basa su un evidente paradosso. Ha impedito alla Bignardi di mandare in onda le interviste di due soggetti non politici adducendo una violazione della par condicio a causa della (controversa) natura politica degli argomenti trattati. Ma le ha consentito di trasmettere l’intervista ad un membro del Governo, ossia ad un politico per antonomasia, nonostante il divieto di partecipazione dei politici ai programmi di intrattenimento in periodo di campagna elettorale sia imposto da una norma di legge (la n. 28 del 2000). E’ un po’ come se uno venisse beccato mentre compie atti sessuali su un bambino di 8 anni dopo avergli offerto una caramella alla marjuana, e il tribunale lo condannasse per cessione di sostanze stupefacenti assolvendolo dal reato di pedofilia.
Il bravo censore deve saper mentire. Non è il caso del direttore Marano, che ha giustificato la propria decisione con la più sgangherata e squinternata delle motivazioni, nel disperato tentativo di bloccare una pura manifestazione di dissenso.