Le mani di Ligresti su Firenze:
L'Espresso rivela,
il sindaco querela
Bologna, 9 dicembre 2008
(avv. Antonello Tomanelli)
Difficile sapere cosa sia passato nella testa del sindaco di Firenze Leonardo Domenici per indurlo a compiere il gesto tipico di chi si sente perseguitato dai pubblici poteri, lui che il pubblico potere lo incarna. Incatenatosi davanti alla sede romana de “L’Espresso”, ha protestato contro “l’informazione distorta” che il gruppo editoriale, anche tramite il quotidiano “La Repubblica”, avrebbe fatto sull’inchiesta avviata dalla procura di Firenze.
Un’inchiesta incentrata su alcuni episodi di corruzione che interesserebbero, da un lato, assessori comunali, dall’altro, il noto immobiliarista Salvatore Ligresti, vecchia conoscenza del pool di Mani Pulite, già condannato per corruzione e svariati reati edilizi. Secondo l’accusa, gli assessori Gianni Biagi e Graziano Cioni (il penalizzatore dei lavavetri) avrebbero, dietro compensi di vario genere, accettato di favorire Ligresti per la costruzione della nuova sede della Provincia su terreni di sua proprietà, stravolgendo piani regolatori e spazzando via aree destinate al verde pubblico. Vi è anche l’accordo per costruire il nuovo stadio all’interno del parco di Castello, con tanto di infrastrutture.
Ancora una volta sono le intercettazioni a svelare i loschi intrecci. Entra in ballo anche il sindaco Domenici mentre parla al telefono con i suoi assessori. Non è indagato, poiché non risulta che abbia accettato promesse o tratto utilità di alcun genere. Ma è evidente che si dà da fare, mostrandosi molto interessato al progetto di Ligresti. Tant’è che lo incontra più di una volta.
Vengono fuori frasi imbarazzanti per il primo cittadino di Firenze.”Quel parco mi fa cagare da sempre”, dice parlando con l’assessore Biagi. Per accelerare il progetto che cancella 80 ettari del verde del parco Castello ritiene necessario “smitizzare il parco e dire che questo è tutto contro una certa sinistra”. Poi, numerose conversazioni dalle quali risulta evidente che Domenici si adopera in favore del progetto di Ligresti.
La pubblicazione di queste conversazioni ha fatto andare su tutte le furie il sindaco di Firenze, poi incatenatosi in segno di protesta davanti alla sede de “L’Espresso”. Non solo. Ha dato mandato ai propri legali di sporgere querela per tutelare la propria “dignità” e “onorabilità”. Tuttavia, non si capisce a quale titolo: se per diffamazione o altro. Ma è una querela che con ogni probabilità verrà archiviata. Vediamo perché.
Dire che un parco della propria città “fa cagare” e che va “smitizzato” di certo non costituisce reato. Non costituisce reato nemmeno cambiare un piano regolatore, se il tutto non viene ricompensato con denaro o altra utilità. Per il momento, ma solo per quel che riguarda il sindaco Domenici, siamo dunque nell’area del penalmente irrilevante.
Ma non è detto che il penalmente irrilevante non sia di interesse pubblico. Qui siamo in quella “zona grigia” compresa tra il comportamento del titolare di funzioni pubbliche che costituisce reato e il cosiddetto “fatto privato”. Una zona grigia che può riguardare soltanto un personaggio pubblico e che attiene al modo in cui egli esercita la funzione affidatagli dalla collettività. Se costituisce fatto privato (quindi non divulgabile) la conversazione di un sindaco nella quale si vanta con un amico delle performance sessuali raggiunte la sera prima, altrettanto non può dirsi se la stessa conversazione svela un comportamento improntato quantomeno a cattiva amministrazione, tale dovendo necessariamente essere considerato il progetto di eliminare un’area verde per far posto ai capricci edilizi di un immobiliarista. Per giunta, di concerto con assessori indagati per corruzione.
E’ una conclusione che si trae a contrario dall’art. 6 del codice di deontologia dei giornalisti: “La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica”. La natura privata del fatto è sostenibile fino a quando, secondo un giudizio rigorosamente obiettivo, non attenga alla funzione pubblica esercitata dal personaggio.
Nel caso di Domenici la pubblicazione di quelle intercettazioni incide sulla sua posizione di “uomo pubblico”, riguardando strettamente la gestione urbanistica della città, che rientra nelle sue funzioni pubbliche. Domenici ha una precisa responsabilità nei confronti della collettività che lo ha eletto. La quale, di conseguenza, ha il pieno diritto di sapere che al proprio sindaco il parco di Castello “fa cagare”, tanto da volerlo pubblicamente “smitizzare” per fare spazio al progetto di un Ligresti. Qui non siamo nel caso Mosley, dove la gogna mediatica si è impietosamente abbattuta su una persona il cui vizio di chiedere incontri sadomaso non poteva, secondo lo stesso giudizio rigorosamente obiettivo, incidere sulla sua funzione di presidente della Fia, unico legame con la collettività.
Al contrario, nel caso del sindaco Domenici la divulgazione di quelle conversazioni telefoniche rientra pienamente nel diritto di cronaca, anche se quanto finora appurato non ha alcuna rilevanza penale, perché ricostruisce il rapporto tra esercizio di funzioni pubbliche e collettività in termini di verità. Implicito, quindi, l’interesse pubblico alla divulgazione di quelle intercettazioni. Infondata, di conseguenza, qualsiasi azione penale o civile mirante ad ottenere una condanna per quelle pubblicazioni.