Il voto di scambio
alla luce del sole
del candidato governatore
Bologna, 25 novembre 2008
(avv. Antonello Tomanelli)
Che in alcuni enti locali avvengano assunzioni in massa nell’imminenza di una consultazione elettorale, è cosa risaputa. Ma mai era accaduto che una simile pratica divenisse oggetto di uno spot elettorale. E’ il caso di Gianni Chiodi, candidato del Pdl a Governatore dell’Abruzzo, che in piena campagna elettorale si è fatto riprendere mentre esorta gli abruzzesi a recarsi nei giorni 22 e 23 novembre “alla bancarella di Gianni” per quello che definisce “censimento della formazione e dell’imprenditorialità”.
A chiarire l’iter da seguire alla bancarella di Gianni (che sarebbe il gazebo elettorale) è una voce femminile fuori campo, accompagnata da un sottofondo musicale che non può non infondere speranza. Gli interessati dovranno compilare un modulo che riporta le generalità, il titolo di studio, l’attività attualmente svolta, le aspirazioni professionali, l’attitudine al lavoro d’équipe e un breve curriculum. Addirittura viene richiesta la firma per l’utilizzo dei dati personali. Il candidato Governatore prosegue rassicurando il giovane telespettatore che “entro il 31 gennaio 2009” verrà “convocato per la selezione e per il programma di formazione”. Quasi Chiodi non fa in tempo a finire la frase, che ritorna la voce femminile fuori campo: “Il 30 novembre e il 1° dicembre vota Gianni Chiodi, il presidente della rinascita”. Il target cui si indirizza lo spot elettorale è evidenziato dal titolo, più volte richiamato: “Tutti i giovani del presidente”.
Lo spot finisce subito su youtube. E, per qualche ora, anche sul sito dello stesso candidato Governatore. Non fa in tempo ad entrare nel circuito delle televisioni locali, perché evidentemente qualcuno fa capire a Gianni Chiodi l’enorme sciocchezza che ha commesso. Il più inviperito pare Francesco Storace, che preannuncia una denuncia alla procura della Repubblica. E Chiodi non può far altro che tentare una penosa difesa, parlando di “censimento”.
In effetti, Storace ha ragione. Quello spot elettorale realizza chiaramente gli estremi del cosiddetto “voto di scambio”. Il reato è ben descritto dall’art. 86 del Dpr n. 570 del 1960, il quale punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni “chiunque, per ottenere a proprio od altrui vantaggio […] il voto elettorale o l’astensione, dà, offre o promette qualunque utilità ad uno o più elettori”.
Nello spot Chiodi invita i telespettatori a recarsi, pochi giorni prima delle elezioni, presso la propria “bancarella” lasciando generalità, residenza, curriculum, aspirazioni professionali. Insomma, invita a quella che può sostanzialmente definirsi una domanda di lavoro. Una domanda alla quale, entro il 31 gennaio 2009, farà seguito, secondo le inequivocabili parole di Chiodi, la convocazione “per la selezione e per il programma di formazione”. Tra coloro che si recheranno alla “bancarella di Gianni”, qualcuno verrà scelto per un corso di formazione, ossia un qualcosa che certamente rappresenta quella “utilità” di cui parla la norma incriminatrice.
E, fatta questa solenne promessa, vi è l’esplicito invito della voce femminile fuori campo a votare Gianni Chiodi, il “presidente della rinascita”. Non c’è dubbio che quella “utilità” rappresentata dal corso di formazione è consequenziale al voto espresso in favore di Chiodi, soprattutto se si considera che la selezione avverrà “entro il 31 gennaio 2009”, ossia a risultato elettorale acquisito. Meglio, in caso di vittoria di Chiodi, eletto anche grazie al voto di chi si recherà presso la sua “bancarella”.
E’ curioso notare come sia difficile riconoscere una sia pur minima buona fede a Gianni Chiodi e al suo staff. Infatti, nel bel mezzo dello spot, dopo aver spiegato l’iter che i giovani abruzzesi devono seguire presentandosi alla “bancarella di Gianni”, il candidato precisa che “con questo atto non esprimi una preferenza politica, ma stai prenotando un incontro di selezione, di formazione e di avviamento al lavoro imprenditoriale”. E, francamente, non si capisce come Gianni Chiodi, o chi per lui, possa aver sperato che quelle parole sarebbero state sufficienti ad escludere il reato di voto di scambio.
E’ comunque probabile che la sciocchezza sia derivata dall’ingenua credenza che una esplicita e diretta promessa di lavoro, rivolta addirittura attraverso uno spot elettorale, avrebbe escluso il reato, sul presupposto che il voto di scambio è sempre frutto di accordi “sottobanco”.
In realtà, l’elemento che caratterizza questo reato è un altro: l’identificazione di coloro ai quali è rivolta la promessa di “qualunque utilità”. Se un politico cerca i voti degli studenti promettendo loro il rimborso delle tasse universitarie, o i voti dei dipendenti pubblici garantendo loro aumenti salariali, certamente promette ad entrambe le categorie una “utilità”, ma fa legittima propaganda perché si rivolge ad una parte del corpo elettorale. Se invece promette corsi di formazione (“utilità”) a coloro che lasceranno curriculum e dati personali presso il gazebo elettorale, non si rivolge più ad una parte del corpo elettorale ma ad un insieme di individui, che vengono in essere nel momento in cui rilasciano i propri dati personali. Lo stesso insieme di individui ai quali promette denaro o l’assunzione in un ente (“utilità”) in funzione del voto espresso e fotografato in cabina elettorale.