Vigili Urbani politicizzati
Nel 1991 sul quotidiano “Il Piccolo” viene pubblicata una lettera a firma A.P., comandante del Corpo Vigili Urbani di C., comune in provincia di Trieste. In essa A.P. dà atto della grave situazione esistente all’interno dell’amministrazione, la quale mantiene in pianta meno della metà dei vigili necessari secondo organico, costringendoli a turni prolungati e ad una quantità di lavoro superiore alle loro possibilità. Secondo A.P., ciò risponderebbe alla precisa scelta dell’amministrazione in carica di “costringere i vigili ad accettare la politicizzazione del corpo”, resasi necessaria come reazione “allo zelo da loro mostrato nel reprimere illeciti più o meno gravi”.
Il sindaco di C. sporge querela nei confronti di A.P. Il gip di Trieste lo condanna per diffamazione. A.P. ricorre in cassazione.
La Suprema Corte annulla la condanna di primo grado riconoscendo ad A.P. il diritto di critica. Afferma che “Il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca in quanto non si concreta nella narrazione di fatti, ma nell’espressione di un giudizio o di un’opinione che, come tale, non può essere rigorosamente obiettiva”.
Ciò che ha dichiarato in sentenza la Suprema Corte non costituisce una novità, ma chiarisce i motivi per i quali nella fattispecie è stato riconosciuto il diritto di critica: l’elasticità del requisito della verità dei fatti che caratterizza la critica rispetto alla cronaca.
Il comandante dei Vigili Urbani denuncia il tentativo degli organi politici locali di assoggettare il Corpo ad un penetrante controllo per impedire che l’operato degli agenti possa pregiudicarne gli interessi politici.
E’ agevole constatare come la denuncia contenuta nella lettera non faccia riferimento a fatti determinati. E’ una critica generica, che si limita a denunciare il pericolo di politicizzazione di un corpo di funzionari che dovrebbe svolgere la propria attività esclusivamente in funzione del perseguimento dell’interesse pubblico. E’ una critica, quindi, per la quale sarebbe illogico pretendere un rigido controllo sulla verità delle affermazioni. Anche perché sarebbe arduo fornire la prova del tentativo di assoggettamento di alcuni dipendenti pubblici ad un controllo politico.
Quella del comandante dei Vigili Urbani è una critica che non lede alcun soggetto nell’onore o nella reputazione. Al contrario, pone all’attenzione dell’opinione pubblica il sentito problema dell’ingerenza delle forze politiche sull’attività dei funzionari pubblici. Ed è una critica alla quale chi si ritenga destinatario può replicare, indicando i motivi per cui ritiene la critica infondata. Ritenere illecita una simile critica significherebbe censurare il dibattito sulla corretta gestione delle istituzioni pubbliche.