Quello 'stupratore' dell'on. Buontempo
Il 6 febbraio 1996 sul periodico “L’Indipendente” appare un articolo a firma Massimo Fini dal titolo “Perché non sostenere il nuovo governo”. Si occupa delle intese sulla formazione di un nuovo governo presieduto dall’on. Antonio Maccanico. Il giornalista critica il tentativo ritenendolo un “pateracchio”, alludendo alla estrema disomogeneità della compagine governativa “dove lo stupratore Buontempo sta con la femminista chic Sandra Bonsanti”.
Il giornalista adopera l’epiteto con cognizione di causa, poiché lo stesso Buontempo se l’era affibiato in un’intervista rilasciata il 14 dicembre 1994 al “Corriere della Sera”, in cui aveva espressamente minacciato di “stuprare” l’on. Casini qualora, come si vociferava, fosse “transitato nelle file del partito popolare”.
L’on. Teodoro Buontempo non gradisce l’epiteto usato nell’articolo e querela per diffamazione Massimo Fini. Il Tribunale di Milano condanna il giornalista, ma la Corte d’Appello di Milano lo assolve riconoscendo nello scritto il diritto di critica. Si va in Cassazione.
La Corte di Cassazione conferma l’assoluzione del giornalista. Nella sentenza si legge che “La critica, essendo attività speculativa e congetturale attraverso la lettura o la rivisitazione di fatti veri, non può pretendersi del tutto asettica, quasi fedele riproposizione degli accadimenti, perché, se così fosse, sarebbe cronaca e non già giudizio di valore. […] Il giudizio sul fatto non può essere rigorosamente obiettivo ed imparziale, in quanto ineludibile espressione del retroterra culturale e formativo di chi lo formula e – nel caso della critica politica – anche delle sue opzioni ideologiche”.
La sentenza riconduce l’uso del termine “stupratore” al diritto di critica, riconoscendo che quel termine, già adoperato su se stesso dal Buontempi, è servito al giornalista unicamente per rafforzarne l’argomentazione base: contrapporre il Buontempi alla femminista Bonsanti nel tentativo di descrivere nel modo più incisivo possibile la disomogeneità che caratterizzava la coalizione di governo allora ideata da Maccanico, definita un “pateracchio” e frutto di un incontro forzato di posizioni inconciliabili.
Il termine “stupratore” ha in sé un’indubbia capacità lesiva della reputazione del Buontempo. Ma è importante la circostanza del precedente uso fattone dallo stesso. Questi, infatti, in un’intervista rilasciata qualche tempo prima al “Corriere della Sera”, aveva minacciato – ovviamente in senso figurato – l’on. Casini di “stupro” nell’eventualità in cui quest’ultimo avesse compiuto uno specifico atto politicamente inviso allo stesso Buontempo. Ed è in senso ovviamente figurato che il termine è stato ripreso dal giornalista nell’articolo in questione.
Può dirsi che lo stesso Buontempo avesse coniato quel particolare termine, per sé stesso, come una sorta di pseudonimo riferito ad uno specifico contesto pubblico di scelta politica attribuita all’on. Casini. Uno pseudonimo che può essere liberamente menzionato, essendo il Buontempo un personaggio pubblico. Sia chiaro: non per identificarlo genericamente, ma solo quando l’uso di quello pseudonimo risulti strumentale alla migliore elaborazione di un concetto nell’ambito di una manifestazione di pensiero.
Secondo l’opinione del giornalista, il governo ideato dall’on. Maccanico si caratterizzava per la convivenza al suo interno di posizioni assolutamente inconciliabili. Una disomogeneità efficacemente indicata attraverso il ricorso ai due estremi rappresentati dalla Bonsanti, parlamentare nota per le sue campagne a favore della donna, e dall’on. Buontempo, parlamentare di An, quindi di appartenenza politica indiscutibilmente opposta a quella della Bonsanti. Qui il termine “stupratore” è riferito al Buontempo in stridente contrapposizione al femminismo rappresentato dalla Bonsanti. Nulla potrebbe seriamente far pensare che nell’uso del termine possa esserci una qualche allusione a devianze comportamentali del Buontempo.
Dunque, il termine adoperato dal giornalista ha unicamente la funzione di rafforzare il concetto esposto. Va quindi visto come strumentale alla critica. Ma c’è da chiedersi se la legittimità dell’uso di quel termine dipenda esclusivamente dall’essere stato “suggerito” tempo prima dallo stesso Buontempo, oppure se il giornalista avrebbe potuto nella critica attribuirlo ex novo al parlamentare di An – si intende in modo strumentale alla critica.
Il giusto equilibrio tra la posizione del singolo e la libertà di critica impone una risposta positiva. Ad escludere, infatti, qualsiasi possibilità di offesa alla persona del Buontempo vi è sia l’uso inequivocabilmente metaforico del termine, sia la sua natura, nella rappresentazione del concetto, di elemento uguale ed opposto rispetto al femminismo della Bonsanti. Esclusa a priori l’aderenza del termine “stupratore” alla realtà comportamentale dell’on. Buontempo, è la metafora che meglio rappresenta il soggetto ideologicamente più distante dalla Bonsanti. Il tutto allo scopo puramente critico di far rilevare al lettore l’assoluta inadeguatezza del governo formato dall’on. Maccanico, appena nato ma con evidenti contraddizioni nel proprio organico.
Il giornalista, quindi, sviluppa la critica basandosi su un’argomentazione razionale: l’impossibilità di funzionamento di un governo che conta tra i suoi membri persone così distanti politicamente. Il termine “stupratore” costituisce il punto di arrivo dell’argomentazione. Siamo nel campo della critica politica, dove il giudizio motivato assume un’importanza primaria.
E non si può certo dire che l’essere il Buontempo uno stupratore possa costituire un fatto, che quindi può rientrare nella critica a patto sia vero. Il giudizio di verità sul fatto va condotto sempre a condizione che quel fatto sia attribuito al soggetto offeso. Ebbene, nessun lettore avrebbe seriamente il coraggio di sostenere che in quell’articolo Massimo Fini volesse attribuire al Buontempo un episodio di stupro. Qui non ha nemmeno senso parlare di “fatto”. Di conseguenza, non può porsi un problema di rispetto del requisito della verità.