Le tecniche chirurgiche del prof. Bonaccorsi
Il 27 maggio 1982 il Consiglio direttivo della Società Italiana di Neurologia adotta all’unanimità una risoluzione che viene pubblicata sul Notiziario n. 27 della Società. In essa si legge che “La tecnica operatoria del prof. Bonaccorsi per la cura delle cefalee, applicata anche nel campo delle epilessie e basata su una etmoidosfenectomia decompressiva” è priva di “presupposti validi”. La risoluzione viene comunicata all’Ordine Nazionale dei Medici, all’Ordine dei Medici di Piacenza e alla Società italiana di Otorinolaringoiatria “anche per i possibili risvolti deontologici”.
Il prof. Bonaccorsi ritiene tali affermazioni, nonché la comunicazione della relazione agli enti predetti, gravemente lesive della sua reputazione professionale. E cita in giudizio la Società Italiana di Neurologia e i singoli componenti del Consiglio direttivo dinanzi al Tribunale di Roma. Il Tribunale rigetta la domanda condannando il prof. Bonaccorsi al rimborso delle spese legali. Ma la Corte d’Appello di Roma riforma la sentenza condannando i suddetti al risarcimento dei danni subiti dal prof. Bonaccorsi. Si va in Cassazione.
La Suprema Corte conferma la sentenza di condanna della Corte d’Appello ritenendo il comportamento della Società e dei componenti del Consiglio lesivo della reputazione del prof. Bonaccorsi. Premesso che “è fuori luogo pretendere di verificare la verità del contenuto della risoluzione attraverso indagini specialistiche […] poiché il giudice non può farsi carico di accertare la validità scientifica della terapia chirurgica praticata dal prof. Bonaccorsi, trattandosi di valutazioni tecniche sottratte per la loro natura ad un giudizio di verità oggettiva”, la Suprema Corte afferma che “Deve ritenersi estraneo all’attività di critica ogni apprezzamento negativo immotivato, ancorché la motivazione possa essere opinabile per l’impossibilità di accertare la verità oggettiva di tesi scientifiche e di valutazioni tecniche non da tutti condivise. I giudizi di disapprovazione e di discredito delle idee o dei comportamenti altrui possono assumere il tono anche di grave e vivace dissenso ma debbono essere motivati ed espressi in termini corretti, misurati ed obiettivi”.
La sentenza è pienamente condivisibile per due ragioni. In primo luogo, fa una corretta applicazione del principio della libertà di scienza sancito all’art. 33 Cost. In secondo luogo, formula una precisa definizione del diritto di critica scientifica, salvaguardando il dissenso da un lato, e la professionalità dello scienziato dall’altro.
Il principio costituzionale della libertà di scienza implica l’impossibilità di applicare il requisito della verità a tesi scientifiche. Ed è proprio quello che sostiene la Corte di Cassazione quando afferma di non poter “accertare la validità scientifica della terapia chirurgica praticata dal prof. Bonaccorsi”. E’ una valutazione che il giudice non può operare, proprio perché non può attribuire dignità di scienza ufficiale ad una disciplina a scapito di un’altra, pena la violazione dell'art. 33 Cost.
Perciò, la legittimità della critica scientifica esercitata dalla Società Italiana di Neurologia andrebbe verificata analizzandone l’argomentazione razionale.
Ma nella relazione non è dato individuare la benché minima argomentazione a sostegno della presunta invalidità delle tesi del prof. Bonaccorsi. Il Consiglio direttivo si limita ad un laconico comunicato, secondo cui la tecnica operatoria del prof. Bonaccorsi è priva di presupposti validi. L’affermazione non può ricondursi al concetto di critica perché consiste – come giustamente ha sostenuto la Suprema Corte in un “apprezzamento negativo immotivato”, che non fornisce al prof. Bonaccorsi alcuna possibilità di replica né stimola in qualche modo il dibattito su una questione di evidente interesse pubblico.
E’ chiaro, quindi, che la relazione vìola il requisito di continenza formale perché lede la reputazione professionale del prof. Buonaccorsi senza addurre alcuna argomentazione. Ma la lesione non si limita a questo.
Nella relazione viene specificato che dell’attività del prof. Bonaccorsi è stata fatta comunicazione ufficiale all’Ordine dei Medici. Il richiamo all’Ordine professionale aggrava ulteriormente la lesione della reputazione. Gli Ordini professionali sono istituzionalmente deputati a verificare che l’attività dei propri iscritti si svolga conformemente alle leggi e alle regole deontologiche. Un tale richiamo sollecita immediatamente nel lettore un giudizio di disapprovazione morale nei riguardi del prof. Bonaccorsi, determinato dalla constatazione che le sue pratiche scientifiche vìolano le leggi dello Stato e l’etica professionale. Un’accusa, questa, che il Consiglio direttivo della Società Italiana di Neurologia avrebbe dovuto argomentare in modo ancor più dettagliato di quanto non avrebbe dovuto per dimostrare l’infondatezza scientifica delle tesi del prof. Bonaccorsi.