La Padania, uso disinvolto di dati personali
Nel giugno 2005 il quotidiano “La Padania” pubblica una serie di articoli su un presunto giro di usura attivo all’interno del casinò di Lugano e gestito da italiani. La denuncia è partita da F.M., presidente di un’associazione che tutela le vittime di usura ed estorsioni.
Ma gli articoli del quotidiano sono piuttosto critici nei riguardi del denunciante. Questi vede finire sul giornale informazioni che ritiene strettamente personali: il rapporto di convivenza con l’attuale nuova compagna, della quale vengono pubblicate integralmente le generalità, il luogo e la data di nascita, i mutamenti di residenza e l’attuale indirizzo, nonché la circostanza che la donna è la proprietaria dell’immobile dove la coppia vive.
F.M. fa pervenire una segnalazione al Garante per la Protezione dei dati personali. Il Garante, pur considerando la vicenda di indubbio interesse pubblico per i temi trattati, ritiene che alcune informazioni riportate dal quotidiano violano il principio della “essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico”, anche con riferimento al “dovere del giornalista di evitare riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti (art. 5, comma 1°, del codice di deontologia)”.
Ciò premesso, il Garante “prescrive a Editoriale Nord Scarl, in qualità di titolare del trattamento dei dati personali oggetto della segnalazione, di conformare i trattamenti ai principi richiamati nel medesimo provvedimento”.
Il principio di essenzialità dell’informazione obbliga il giornalista ad astenersi dal rendere pubbliche informazioni personali, riferite ai protagonisti, che presentino un’importanza marginale, se non nulla, rispetto al fatto. Nel caso in commento sono state rese pubbliche informazioni quali le generalità, l’indirizzo, i mutamenti di residenza, la proprietà di beni immobili, che costituiscono indubbiamente “dati personali”. Dati peraltro riferiti ad un soggetto (la compagna del denunciante) che non risulta aver avuto un ruolo sia pur marginale nella vicenda. Di conseguenza, si è di fronte ad un caso di diffusione di dati personali in grave violazione dei principi del diritto di cronaca.
Il Garante correttamente ha ritenuto sussistente la violazione della normativa sulla privacy da parte del quotidiano “La Padania”, non sussistendo un interesse pubblico alla conoscenza di quei dati personali. Ma ha anche richiamato la violazione dell’art. 5, comma 1°, codice di deontologia. Un richiamo che però non sembra pertinente nel caso in questione.
Infati, l’art. 5, comma 1°, codice di deontologia impone sì al giornalista di evitare “riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti”. Ma la norma riguarda i dati sensibili, come si può agevolmente dedurre dalla sua lettura. Una fattispecie, cioè, diversa da quella in commento. L’unico dato “sensibile” diffuso da “La Padania” potrebbe essere quello che riferisce l’appartenenza del denunciante ad un’associazione, anche se è difficile scorgere in un’associazione dedita alla tutela delle vittime di usura ed estorsione quel “carattere religioso, filosofico, politico o sindacale” che l'art. 4 del codice della privacy esige per il dato sensibile. Inoltre, anche se si trattasse di un dato sensibile, qui la sua diffusione sarebbe legittima, considerando che la denuncia (fatto di indubbio interesse pubblico, visto l’oggetto su cui verte) è partita proprio dall’aderente all’associazione (di cui peraltro è il presidente).