Casinò, sesso e tv
Nel giugno 2006 vengono pubblicate le intercettazioni telefoniche relative a un’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Potenza. Nel mirino sono finiti alti funzionari della pubblica amministrazione, accusati di aver rilasciato, in cambio di denaro, autorizzazioni alla installazione di videopoker nel casinò di Campione d’Italia. L’inchiesta coinvolge il principe Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia, accusato anche di aver procacciato prostitute a clienti del Casinò, che viene arrestato con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al falso e allo sfruttamento della prostituzione; e Salvatore Sottile, portavoce del presidente di An Gianfranco Fini, ottimi agganci alla Rai, arrestato con l’accusa di concussione “sessuale” per avere chiesto i favori sessuali di alcune ragazze con la promessa di ottenerne la partecipazione a programmi televisivi.
Le conversazioni dei due finiscono su tutti i giornali, con dovizia di particolari. Il principe parla di tangenti; mostra interesse per vari affari illeciti; gestisce incontri con prostitute, usufruendone in svariate occasioni. Adopera con disinvoltura termini quali “regalo” o “pacco” riferendosi al genere femminile. Auspica rapporti sessuali con alcune “bambine” che saranno presenti ad una manifestazione per la raccolta di fondi in favore di una associazione milanese impegnata nell’assistenza ai minori vittime di abusi. Indirizza insulti irripetibili a Giuliana Sgrena, la giornalista del “Manifesto” rapita in Irak nel febbraio 2005.
Salvatore Sottile pare più contenuto. Ma le intercettazioni svelano commenti poco lusinghieri sulle ragazze che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo, nonché la tendenza a servirsi della propria posizione a fini sessuali utilizzando gli agganci con alti dirigenti Rai per piazzare ragazze che aspirano a condurre programmi ad alto share, dietro pagamento in natura. Spiccano i colloqui con la showgirl Elisabetta Gregoraci. Questa, grazie all’interessamento di Sottile, ottiene la registrazione di un programma. E subito dopo chiama Sottile, che la fa prelevare da un’auto di servizio e la “riceve” alla Farnesina.
Le intercettazioni hanno chiaramente mostrato il comune sfondo sessuale dei comportamenti di Vittorio Emanuele di Savoia e Salvatore Sottile, portando alla luce fatti che indubbiamente rientrano nella sfera privata di ogni persona. Comportamenti che includono dati sensibili, ossia quei dati personali che il D.Lgs n. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”) considera “idonei a rivelare la vita sessuale”. E non c’è dubbio che, da questo punto di vista, i due siano stati ben sezionati da giornali e riviste.
Ma è anche vero che, secondo i principi del diritto di cronaca, il “fatto privato” cessa di essere tale quando la sua divulgazione serve l’interesse pubblico; e che, in particolare, il giornalista può legittimamente diffondere dati anche sensibili nel rispetto della “essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico” (art. 137, comma 3°, D.lgs. n. 196/2003). Principi, questi, ribaditi dal Garante per la Protezione dei Dati Personali nel Provvedimento 21 giugno 2006 (commentato in LA PUBBLICAZIONE DI INTERCETTAZIONI), che ha considerato legittima una “informazione anche dettagliata” quando risulti “indispensabile per l’originalità dei fatti, o per la qualificazione dei protagonisti o per la descrizione dei modi particolari in cui sono avvenuti”, in evidente sintonia con quanto stabilito dall’art. 6 del codice di deontologia dei giornalisti.
Va premesso che entrambi i casi presentano una indubbia rilevanza pubblica. Non solo per la notorietà dei personaggi coinvolti (il figlio dell’ultimo re d’Italia, spesso protagonista a vario titolo delle cronache, e il portavoce del presidente di Alleanza Nazionale), ma anche per la gravità delle vicende. Certamente il pubblico va informato sia sulla corruzione di funzionari ministeriali che autorizzano il gioco d’azzardo in un casinò, sia sui giri di prostituzione gestiti da un membro di Casa Savoia che tanto ha fatto leva sulla propria onestà per ottenere nel 2002 l’abolizione dell’art. XIII delle Disposizioni Transitorie e Finali della Costituzione, norma che gli vietava l’ingresso nel territorio nazionale. Così come va informato sulle carriere delle conduttrici Rai (che fa servizio pubblico) quando risultino costruite su qualcosa che non ha nulla a che vedere con il talento e la professionalità.
Scontato l’interesse pubblico per la vicenda in sé, bisogna verificare se i fatti minuziosamente descritti da quasi tutte le testate giornalistiche (e relativi alla sfera privata dei due indagati) possano ritenersi inscindibilmente collegati a situazioni di pubblico interesse.
Sotto questo aspetto, va subito notato come sia la stessa componente sessuale a connotare fortemente i reati contestati: sfruttamento della prostituzione per il principe, concussione “sessuale” per il politico selezionatore di vallette. Senza le affermazioni di Vittorio Emanuele di Savoia circa la gestione e l’organizzazione di incontri sessuali a pagamento, senza le affermazioni di Salvatore Sottile circa le pressioni esercitate sui vertici Rai per far inserire vallette nei programmi televisivi in cambio dei loro favori sessuali, i reati loro contestati non esisterebbero (o, quantomeno, non potrebbero essere provati).
E’ chiaro che in questo caso una “informazione dettagliata”, per dirla con il Garante, si rivela “indispensabile per l’originalità dei fatti”, poiché sono proprio quei fatti privati a delineare i reati contestati. Qui la diffusione di particolari inerenti la sfera sessuale dei due protagonisti risulta essenziale all’informazione.
Qualche dubbio potrebbe sollevarsi in merito alla divulgazione di quelle conversazioni che, di per sé, non avrebbero alcuna rilevanza penale. Ciò riguarda soprattutto Vittorio Emanuele di Savoia, quando, parlando con un amico, già pregusta rapporti sessuali con le “bambine” che presenzieranno alla manifestazione per la raccolta di fondi in favore di una associazione milanese impegnata nell’assistenza ai minori vittime di abusi; e quando commenta la liberazione di Giuliana Sgrena con insulti irripetibili all’indirizzo della giornalista. Ebbene, se queste vergognose frasi vanno considerate “fatti privati” non avendo alcuna rilevanza in sé, può la loro divulgazione servire l’interesse pubblico?
Scontato che qui il termine “bambine” non va inteso nel suo significato letterale, ma in quello tipico di una sottocultura maschilista di cui Vittorio Emanuele di Savoia pare essere permeato, all’interrogativo può fornirsi una risposta positiva. Se è vero che le pulsioni sessuali del figlio dell’ultimo re d’Italia non debbono essere oggetto della curiosità morbosa del pubblico, come pure ciò che di Giuliana Sgrena pensa intimamente (non essendo egli nemmeno un politico), è anche vero che simili affermazioni, per dirla ancora con il Garante, possono considerarsi indispensabili “per la qualificazione dei protagonisti” della vicenda. Infatti, uno dei reati più gravi contestati a Vittorio Emanuele di Savoia è proprio lo sfruttamento della prostituzione, reato la cui commissione implica, per ovvi motivi, una particolare concezione della donna. Sotto questo aspetto, non si può negare che la divulgazione di simili frasi, di per sé innocue, forniscono particolari utili ad una migliore comprensione della personalità del Savoia rapportata all’intera vicenda, assolvendo così ad una funzione informativa.
Ma è bene precisare che qui si è al limite del diritto di cronaca. La qualificazione dei protagonisti è certamente funzionale ad una migliore comprensione della vicenda, quindi alla completezza della notizia. Ma una reiterata ed ossessiva narrazione di aspetti relazionali intimi, privi di un oggettivo collegamento con la vicenda principale, tanto da farla passare in secondo piano, finirebbe per violare il diritto alla riservatezza. Non è detto, infatti, che la conoscenza dei particolari contenuti nelle intercettazioni, indispensabile ad un organo giudiziario per adottare e motivare le proprie decisioni, debba essere utile alla collettività.
Inoltre, è da tener presente che se alcuni fatti riguardanti Vittorio Emanuele di Savoia fanno notizia in quanto figlio dell’ultimo re d’Italia, l’appartenenza dell’esperienza monarchica italiana ad un passato ormai lontano ostacola l’individuazione di un interesse pubblico attuale alla conoscenza di quegli stessi fatti. Contrariamente a quanto accade per le vicende che interessano i membri della Famiglia Reale inglese, dove l’istituzione monarchica è una realtà istituzionale.