La cronaca aggressiva
Generalmente la violazione del requisito della continenza formale avviene attraverso modalità subdole, non facilmente percepibili, che inducono il lettore alla acquisizione inconsapevole di una notizia diversa da quella reale. E’ rara la violazione palese, ossia quella che non necessita di uno sforzo intellettivo per poter essere individuata e che, come già visto, attiene principalmente al tono adoperato nella narrazione del fatto.
La violazione “palese” del requisito della continenza formale si riscontra in quella che può definirsi “cronaca aggressiva”, possibile soltanto attraverso il mezzo televisivo. Prevalentemente finalizzata allo smascheramento di attività truffaldine, la cronaca aggressiva è una cronaca in diretta, a causa della coincidenza temporale tra l’accadimento del fatto e la diffusione della notizia. Gradita ad un vasto pubblico, devastante per chi ne è vittima.
Esempi di questo tipo di cronaca vengono forniti da trasmissioni come Striscia la notizia e Le Iene, quando mandano i propri inviati con telecamera nascosta alla ricerca soprattutto di persone che lucrano approfittando dell’ingenuità altrui o millantando capacità inesistenti. L’inviato, o chi per lui, si finge una vittima che abbocca, salvo poi farsi riconoscere consegnando il truffatore al pubblico ludibrio. E’ una forma estrema di giornalismo di inchiesta, poiché il fatto viene colto sul nascere e senza l’intermediazione di alcuna fonte.
A fare da contorno una voce fuori campo che guida il telespettatore nella progressione dei fatti e crea un contesto satirico che riversa i suoi effetti nefasti sul malcapitato truffatore. Altre volte il contesto satirico è determinato dallo stesso inviato che mette alle strette il truffatore con le proprie domande. Si intuisce l’enorme portata lesiva di questo tipo di cronaca. Ci si chiede se sia lecita.
Scontato qui il rispetto del requisito della verità, pochi dubbi circa la sussistenza dell’interesse pubblico. In primo luogo, l’inviato armato di telecamera denuncia un’attività palesemente illecita e dannosa per un numero indiscriminato di persone, azzerandone ogni possibilità di continuazione. Inoltre, il programma si rivela un ottimo deterrente, costringendo chi medita di fare la stessa cosa a convivere col terrore di essere colto in flagrante da una troupe televisiva.
Semmai, alcuni dubbi nascono sulla sussistenza del requisito residuo: la continenza formale. Il modo in cui spesso viene annunciato il servizio, i commenti inseriti, le risate in sottofondo, l’atteggiamento spesso aggressivo dell’inviato. Sono tutti elementi che, avendo poco a che vedere con il concetto di obiettività della notizia, rischiano di condizionare il telespettatore. In questi termini si potrebbe sostenere che simili modalità di presentazione della notizia vìolano il requisito della continenza formale.
Ma la presenza di quegli elementi “di contorno” possono davvero condizionare il telespettatore, tanto da poter essere ritenuti in violazione del requisito della continenza formale?
Generalmente nella cronaca la diffusione della notizia segue al fatto. Quindi, la sua apprensione da parte del lettore/telespettatore è necessariamente mediata dall’attività del giornalista, perché il primo non ha un rapporto diretto con il fatto. E il giornalista, nel comunicare la notizia, deve conservare l’originalità del fatto evitando qualsiasi errore, tantomeno artificio, che possa indurre il lettore/telespettatore a travisarlo.
Nella cronaca aggressiva, invece, vi è assoluta coincidenza temporale tra notizia e accadimento del fatto che la genera. Il telespettatore apprende la notizia insieme al giornalista. Non rischia di vederne alterato il rapporto di coincidenza con il fatto. Il telespettatore, cioè, non può travisarlo, poiché manca l’attività di mediazione del giornalista.
Ciò non significa che qui il ricorso al concetto di continenza formale sia del tutto inutile. Se nella cronaca aggressiva non sussiste alcuna possibilità che il telespettatore travisi il fatto, tuttavia incauti comportamenti nella sua presentazione possono oltrepassare i limiti del diritto di cronaca.
Ed ecco, quindi, che pesanti valutazioni personali espresse dall’intervistatore o dalla voce fuori campo, o toni particolarmente aggressivi, possono tradursi in una violazione del requisito della continenza formale, quando non siano funzionali alla cronaca. In questo caso, il programma infierirebbe sul soggetto preso di mira senza alcuna necessità di cronaca, producendo effetti lesivi autonomi rispetto alla stessa rappresentazione del fatto. In presenza di simili circostanze, la cronaca non sarebbe legittima.
In passato si sono verificati casi di cronaca “sconcertante”, più che aggressiva. Una per tutte. Alla fine degli anni ‘90 un’emittente televisiva privata a diffusione nazionale trasmetteva un servizio sulla prostituzione domiciliare. Si mostrava una troupe televisiva che, rispondendo telefonicamente ad un annuncio di offerta di prestazioni sessuali pubblicato su un quotidiano nazionale e spacciandosi per cliente, aveva ottenuto un appuntamento per la “consumazione”. Si era quindi presentata a casa della ignara prostituta per ottenere un’intervista. La prostituta, resasi conto della situazione e in evidente imbarazzo, si era rifiutata di rispondere alle domande e aveva cacciato gli operatori, che tuttavia erano riusciti a riprenderla per qualche istante. Il filmato veniva integralmente trasmesso.
Tuttavia, qui il problema non è tanto la continenza formale, quanto l’interesse pubblico. Che in questo caso è del tutto mancante, con conseguente grave violazione del diritto alla riservatezza. Non può sussistere alcun obiettivo interesse della collettività a sapere che quella determinata donna, identificata, esercita l’attività di prostituta. Qui l’unico interesse che può risultare soddisfatto è la curiosità morbosa di chi gradisce un simile squallido esempio di giornalismo. Un interesse che il Diritto di un paese civile non tutelerà mai.
Tra l’altro, al processo scaturito dalla querela della donna, la difesa della televisione aveva chiesto il riconoscimento del diritto di cronaca per sussistenza dell’interesse pubblico sulla base della seguente argomentazione: la prostituta, inserendo un annuncio corredato del proprio numero telefonico su un quotidiano a diffusione nazionale, aveva intenzionalmente trasformato la propria attività in fatto pubblico. Un’argomentazione sgangherata e imbarazzante. Che, se accolta, avrebbe legittimato qualsiasi troupe televisiva ad intervistare forzatamente una vedova sulla causa di morte del marito, per il riferimento ad un male incurabile inserito nel necrologio.
Perciò, bene ha fatto il Pretore di Roma a condannare lo squadrone di sprovveduti per “Interferenze illecite nella vita privata” (art. 615 bis c.p.).