Le vignette satiriche su Maometto
Nel settembre 2005 il quotidiano danese “Jyllands Posten” pubblica nella sua versione on line alcune vignette satiriche su Maometto. Il sito viene attaccato da hacker islamici che in poche ore ne impediscono la visione.
Ma nel gennaio 2006 il “Jyllands Posten” pubblica le stesse vignette sulla versione cartacea. Questa volta la diffusione è inevitabile. In breve fa il giro del mondo la notizia secondo cui un quotidiano di un paese occidentale ha violato quella che la maggioranza dei musulmani considera la regola più sacra dell’Islam: il divieto di raffigurazione del Profeta.
Tra l’altro, si tratta di raffigurazioni piuttosto offensive. Spiccano in modo particolare quelle che rappresentano Maometto con un candelotto di dinamite sul turbante; in un’altra mentre impugna minaccioso una scimitarra; in un’altra ancora mentre, sulla soglia dell’Aldilà, respinge alcuni martiri della Jihad ancora fumanti, comunicando loro che “non ci sono più vergini” (“Stop, stop, we ran out of virgins!”). In alcune vignette le fattezze fisiche di Maometto sono marcate in maniera tale da attribuirgli un aspetto mefistofelico. Ricordano il modo in cui in Europa venivano raffigurati gli ebrei nel periodo che precedette la Shoah.
La pubblicazione provoca lo sdegno di tutti i musulmani nel mondo, alcuni dei quali reagiscono con violenza assaltando le ambasciate danesi. In Italia, il ministro per le Riforme Istituzionali Roberto Calderoli, leghista, getta benzina sul fuoco dichiarando di indossare da giorni una maglietta recante le vignette incriminate, arrivando a mostrarla compiaciuto nel corso di un’intervista al Tg1 in segno di solidarietà ai giornalisti danesi. L’imbarazzante trovata provoca aspre critiche a livello mondiale, costringendo il ministro leghista alle dimissioni. Ma scatena anche l’assalto di una folla di esagitati libici al consolato italiano di Bengasi, nel corso del quale 12 dimostranti vengono uccisi dalla polizia accorsa a difendere la sede diplomatica.
Per affrontare il caso in questione con la dovuta obiettività, occorre subito scartare la soluzione che deriverebbe da una identificazione della fattispecie con la problematica religiosa. Quella soluzione, cioè, che nell’intento di tutelare il sentimento religioso colpito da manifestazioni apertamente provocatorie, privilegi l’importanza di un precetto religioso a scapito di una libertà civile come quella di satira. E, in questo caso, la soluzione più semplice sarebbe quella di ritenere illecite le vignette su Maometto perché in violazione della regola dell’Islam che ne vieta la raffigurazione.
Ma non è così. Un precetto religioso ha efficacia esclusivamente nell’ordinamento confessionale di appartenenza. Del resto, la separazione tra ordinamento civile e ordinamento religioso è il caposaldo del principio di laicità dello Stato, accolto in tutte le moderne democrazie. Come tutti i precetti religiosi, quindi, il divieto di raffigurazione di Maometto non può riguardare soggetti che operano nell’ambito dell’ordinamento civile, come vanno considerati i giornalisti del “Jyllands Posten”.
Quel divieto, infatti, è un tipico esempio di interna corporis, voce che indica quel complesso di norme emanato dalle autorità religiose e disciplinante esclusivamente i rapporti tra e con i propri membri, sulla cui legittimità nemmeno un giudice potrebbe pronunciarsi per difetto di giurisdizione. E’ da escludere, quindi, la possibilità di considerare illecite le vignette su Maometto sulla sola base della violazione del precetto (religioso) che vieta di raffigurarlo.
Ma qual è il comune denominatore di queste vignette?
In primo luogo, queste vignette raffigurano entità sacre, prive di vita terrena ed oggetto esclusivo di fede, sentimento intimo per antonomasia. Entità, come ampiamente spiegato in La satira religiosa, che si riferiscono ad un concetto antitetico a quello di dimensione pubblica. Con la conseguente impossibilità di individuare un messaggio satirico che possa porsi in coerenza causale con esse. In secondo luogo, il contenuto delle vignette è avulso da un qualsiasi contesto di cronaca, ossia da fatti di interesse pubblico.
A ben vedere, alcune di esse non presentano differenze sostanziali rispetto alle peggiori vignette antisemite da sempre circolanti. Un truce Maometto con un candelotto di dinamite sul turbante, o che impugna una scimitarra, è come l’ebreo mefistofelico che brandisce il Menorah trasformato in forcone, o che trasporta le tavole della “Legge razzista”.
In definitiva, proprio come accade nelle vignette antisemite, qui c’è soltanto la volontà di offendere gratuitamente e intimamente ogni musulmano. Non è riscontrabile il minimo sforzo artistico concettuale che possa far intravvedere la creazione di un messaggio satirico, in modo da ricondurre quelle vignette all’art. 33 Cost o all’art. 21 Cost. Il pregiudizio anti islamico è l’unico messaggio che quelle vignette riescono a veicolare. Per tali ragioni, non possono ritenersi espressione di un diritto di satira. E la loro pubblicazione integra gli estremi del reato di vilipendio della religione musulmana.