Un conflitto di interessi nelle F.S.
Il 7 luglio 1987 appare sul quotidiano “La Repubblica” un articolo dal titolo “F.S., una lottizzazione selvaggia”, che segue lo scandalo delle “lenzuola d’oro”. Si accusa M.B., membro del consiglio di amministrazione dell’Ente Ferrovie dello Stato, di aver ricoperto anche la carica di presidente (e socio) della Isril S.r.l. nel periodo in cui le F.S. avevano assegnato ad essa lavori di consulenza. Una evidente situazione di “conflitto di interessi”.
M.B. cita in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma editore, direttore responsabile e articolista, asserendo che la notizia è falsa. Ammette di aver ricoperto contemporaneamente le due cariche, ma dimostra di essersi dimesso dalla presidenza di Isril S.r.l. prima che le F.S. stipulassero con essa il contratto di consulenza. Nessun conflitto di interessi, quindi.
Il Tribunale accoglie la domanda e condanna i convenuti al risarcimento dei danni. In appello la sentenza viene sostanzialmente confermata. Editore, direttore responsabile e articolista ricorrono in Cassazione.
La Suprema Corte prende atto delle avvenute dimissioni e della insussistenza del conflitto di interessi all’atto dell’assegnazione della consulenza alla Isril S.r.l. Ma riconoscono all’articolista e al direttore responsabile la verità putativa. Spiegano i giudici che secondo quanto dispone l’art. 2385, comma 3°, del codice civile, M.B. aveva l’obbligo di far iscrivere nel registro delle imprese e pubblicare nel BUSARL le sue dimissioni dalla presidenza di Isril S.r.l. entro 15 giorni. Obblighi non assolti. Né risulta che le dimissioni siano state in altro modo pubblicizzate. Quindi, è consequenziale che “il giornalista ha erroneamente creduto che M.B. ricoprisse ancora entrambe le cariche all’atto della assegnazione della consulenza”. Errore da attribuirsi soltanto alla “violazione dell’obbligo di M.B. di dare alle sue dimissioni la pubblicità prescritta dalla legge”.
Sentenza ineccepibile. In questo caso il riconoscimento della verità putativa deriva dall’essersi il giornalista basato su documenti (il registro delle imprese e il BUSARL) che vanno considerati alla stregua di fonti ufficiali. Trattasi, infatti, di documenti pubblici sui quali vanno obbligatoriamente annotate le vicende principali della vita di una società. E al momento della pubblicazione dell’articolo da quei documenti pubblici risultava che M.B. era ancora presidente dell’Isril. Non può quindi essere rimproverato il giornalista per aver confidato su una rappresentazione della realtà rivelatasi poi falsa per effetto dell’omissione proprio di chi per legge è tenuto a rappresentarla correttamente.
Quello di iscrivere e pubblicare le dimissioni dalla presidenza di una S.r.l. è un preciso obbligo di “pubblicità legale”. In mancanza, l’atto resta valido, ma ufficialmente i terzi non ne sono a conoscenza, salva la prova contraria. Così, M.B. avrebbe dovuto fornire in giudizio la prova che il giornalista era al corrente delle avvenute dimissioni dalla presidenza di Isril S.r.l. In mancanza di tale prova, va affermata la buona fede del giornalista e il corretto esercizio del diritto di cronaca.