Un caso di cronaca parziale
V.G., ex amministratore delegato della Sip, viene arrestato alle 20.45 del 23.10.93 per ordine del gip di Napoli su richiesta del pm Q. Ipotesi accusatoria: concussione. La richiesta di arresto si basa sulle dichiarazioni rese lo stesso giorno da P.D., arrestato nell’ambito delle medesime indagini e presunto concusso, il cui verbale di interrogatorio reca le 17 come orario di inizio, ma non indica quello di chiusura. In calce al verbale di interrogatorio, però, vi è una annotazione a mano del pm Q., che recita: “Consegnata a mano del gip il 23.10.93 alle 22 circa”. Da qui l’accusa di V.G., in seguito fatta propria da una parte della stampa, di essere stato arrestato alle 20.45 senza l’emissione di un regolare ordine di custodia cautelare, poiché il verbale di interrogatorio di P.D. contenente le accuse ai danni di V.G. era giunto al gip soltanto alle 22.
Tali presunte irregolarità diventano oggetto di un’inchiesta disciplinare e penale nei confronti del pm Q., che si concludono nel giro di un anno entrambe in senso favorevole. Emerge che l’annotazione fatta da Q. in calce al verbale di interrogatorio reso da P.D. seguiva un’altra annotazione scritta dallo stesso pm e riguardante il parere favorevole alla scarcerazione di P.D. Parere che veniva inoltrato al gip successivamente (ossia alle ore 22) alla richiesta di arresto di V.G. (inoltrata lo stesso pomeriggio). Quindi, sarebbe solo un’illazione di V.G. il sostenere che il proprio arresto è avvenuto alle 20.45 sulla base di una richiesta del pm pervenuta al gip solo alle 22, quando quest’ultima riguardava invece il parere favorevole alla scarcerazione di P.D.
Nonostante tale ricostruzione dei fatti risulti da inchieste ufficiali, tra il 1995 e il 1998 sul quotidiano “Il Corriere della Sera” appaiono articoli che descrivono V.G. come un perseguitato dal pm Q. Senza fare menzione della verità così come appurata in sede penale e disciplinare, il quotidiano riporta la versione di V.G. in merito al suo strano arresto, avvenuto “sulla base di dichiarazioni che dovevano essere ancora rese”. Gli articoli riflettono esclusivamente il punto di vista di V.G. Il suo caso viene definito “odissea”, il suo nome a lungo accostato a quello di Tortora. Viene paragonato a Gesù per il fatto che il Q. gli avrebbe negato in carcere il conforto di un prete.
Il pm Q. ritiene i vari articoli lesivi della propria reputazione e cita in giudizio articolisti vari, direttore responsabile ed editore dinanzi al Tribunale di Napoli. Il Tribunale accoglie la domanda, affermando che “Non configura corretto esercizio del diritto di cronaca la pubblicazione di una serie di articoli di stampa con i quali un magistrato del pubblico ministero venga presentato ai lettori come l’artefice di una persecuzione giudiziaria ai danni di un indagato, mediante la pubblicazione delle sole tesi difensive fornite dall’indagato stesso, senza dare risalto ad eventuali dichiarazioni del magistrato rese al fine di stabilire la verità”.
E’ un classico caso di omissione di fatti rilevanti. Omissione che non si limita a consegnare al lettore una verità parziale, ma finisce per appoggiare una versione dei fatti che decisamente scredita il pm Q., e che sarebbe stata insostenibile senza quell’omissione. Inoltre, gli articolisti rincarano la dose accusando il pm Q. di aver negato a V.G. persino un confessore in cella, quando in realtà questa decisione sarebbe stata presa dal gip.
Qui l’omissione di fatti rilevanti, provenienti da fonti ufficiali, provoca un effetto analogo a quello che deriva dalla narrazione di fatti falsi. Inoltre, la deformazione della verità è aggravata dal non aver dato alcuna possibilità all’interessato (il pm Q.) di dare la propria versione dei fatti, in una sorta di contraddittorio con V.G. Al lettore è stata consegnata soltanto la “verità” di quest’ultimo, poco credibile in quanto aveva tutto l’interesse a fornire una versione che lo rendesse agli occhi del pubblico vittima di una persecuzione giudiziaria.
Ma il pm Q. nella sua versione avrebbe necessariamente fatto riferimento alle inchieste disciplinari e penali che hanno escluso qualsiasi suo abuso o irregolarità. Circostanza che se riferita avrebbe reso insostenibile la tesi di V.G. quale vittima di una persecuzione giudiziaria, e che invece è stata accuratamente celata. Si noti come l’intento diffamatorio venga palesato dalla pubblicazione della falsa notizia secondo cui il pm Q. avrebbe negato in carcere a V.G. addirittura il conforto spirituale di un prete, quando la decisione era stata invece adottata dal gip. Un particolare, questo, che dimostra come gli articolisti abbiano voluto rafforzare l’immagine di un pm cinico, spietatamente inquisitore e disinteressato all’accertamento della verità, avvalorando così l’ipotesi della persecuzione giudiziaria ai danni di V.G.