I falsi abrogazionisti
Alla fine dell’aprile 1974 appare nelle principali strade di Roma un grande manifesto a colori, fatto stampare e diffondere dal “Comitato Nazionale Referendum Divorzio” (CNRD) e dalla “Coltivatori Diretti”. Ritrae un uomo e una donna, S.P. e S.S., sorridenti, sotto la dicitura “Per difendere la famiglia i coltivatori il 12 maggio voteranno SI’ contro il divorzio”. Il manifesto, quindi, consegna i due raffigurati al pubblico romano come una coppia felicemente sposata, aderente alla “Coltivatori diretti”, fermamente contraria alla legge sul divorzio; e che invita la cittadinanza a votare SI’ alla sua abrogazione.
S.P. e S.S. non gradiscono il modo in cui è stata utilizzata la propria immagine. Con ricorso d’urgenza chiedono al Pretore di Roma che ne sia inibito l’ulteriore utilizzo e vengano sequestrati i manifesti affissi.
Il Pretore di Roma accoglie il ricorso, ordinando la pubblicazione del provvedimento sulla edizione locale di tre quotidiani nazionali. Il Pretore motiva il provvedimento affermando, tra l’altro, che “Costituisce violazione del diritto all’identità personale, inteso quale diritto a non vedere travisare la propria personalità individuale, l’affissione di un manifesto per la propaganda a favore dell’abrogazione della legge sul divorzio, nel quale sia ritratta l’immagine di persone che, pur essendo fautori dell’istituto del divorzio, vengono fatte apparire quali esponenti abrogazionisti”.
E’ la decisione che segna l’ingresso del diritto all’identità personale nel nostro ordinamento giuridico. Qui gli interessati hanno chiesto al Pretore un provvedimento d’urgenza, non un risarcimento, poiché nei procedimenti cautelari non viene mai riconosciuto e quantificato il danno. Ma ciò che conta è il principio giuridico sancito dal provvedimento.
Nel caso in questione assume importanza la violazione del diritto all’immagine, poiché tale violazione costituisce proprio il mezzo attraverso il quale si è violata l’identità personale. Non risulta, infatti, che i due ricorrenti abbiano mai prestato il proprio consenso all’utilizzo della propria immagine. Né si può dire che il consenso non necessitasse ex art. 97 L. 22 aprile 1941, n. 633 (“Legge sul diritto d’autore”). Tale disposizione, infatti, autorizza l’utilizzo di un’immagine prescindendo dal consenso del titolare quando la sua riproduzione “è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico ricoperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”.
Il manifesto comunica al pubblico tre particolari non veri. Primo, fa sembrare S.P. e S.S. una coppia di coniugi. Secondo, li indica come aderenti alla “Coltivatori diretti”, quindi coltivatori. Terzo, li colloca in un inequivoco atteggiamento di sostegno alle ragioni del Referendum.
Il caso costituisce un ottimo esempio per meglio comprendere il contenuto del diritto all’identità personale. Non si può certo pensare che l’essere sposati, l’essere agricoltori, l’essere contrari al divorzio, identifichino condizioni personali ritenute riprovevoli dalla collettività. Il manifesto non reca in sé, oggettivamente, alcuna carica offensiva. Di conseguenza, non vi è la lesione del decoro o della reputazione dei ricorrenti. Semplicemente, il manifesto comunica informazioni non vere, tali da stravolgere il loro essere.
Fra le informazioni contenute nel manifesto, emerge quella che indica i ricorrenti come abrogazionisti. E’ ovvio che nell’identità personale le convinzioni politiche, ideologiche, religiose, morali assumono un’importanza primaria. Molto spesso è proprio su di esse che le persone basano e selezionano i rapporti sociali e personali. E’ chiaro, quindi, che l’essere falsamente indicati come contrari al divorzio, nel clima di tensione tipico della campagna referendaria, produce un effetto lesivo tra i più alti.