Il prete antileghista
Nel marzo 1992 Lega Nord e Liga Veneta diffondono nella provincia di Verona un depliant elettorale in cui è riportata l’immagine di un sacerdote in abito talare impegnato in una funzione religiosa. Ad accompagnare l’immagine alcuni slogan, come “La Lega Nord e la Chiesa contro la corruzione. I cattolici votano la Lega”, nonché “La Lega Nord, una garanzia anche per i cristiani”.
B.C. riconosce la propria immagine e cita in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona Lega Nord e Liga Veneta chiedendo il risarcimento dei danni per lesione della propria identità personale. Mostra l’assoluta incompatibilità tra le idee propugnate dalla Lega e i valori da lui perseguiti nell’espletamento delle attività quotidiane. In particolare, rivendica un impegno costante nell’assistenza materiale e morale dei cittadini extracomunitari, che al contrario vengono, in un volantino appositamente prodotto in giudizio, definiti dalla Lega “invasori che devono venire sbattuti fuori dall’Italia”.
Il Tribunale di Verona accoglie le richieste del sacerdote B.C. e condanna Lega Nord e Liga Veneta al risarcimento dei danni, che vengono liquidati in L. 30.000.000. Sulla scorta di precedenti sentenze, il Tribunale riconosce che il diritto all’identità personale è “riconducibile all’art. 2 Cost. e individuato in giurisprudenza quale interesse giuridicamente meritevole di tutela a non veder travisato o alterato all’esterno il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale”; e afferma che “Viola l’identità personale la non veritiera attribuzione, in un volantino elettorale, dell’appartenenza ad un movimento politico”.
Venire associati ad una formazione politica che professa idee antitetiche stravolge il proprio patrimonio intellettuale. Il Tribunale ha riconosciuto senza esitazione la lesione del diritto all’identità personale, avvenuta anche qui attraverso l’abuso di immagine. La lesione è risultata più grave in considerazione degli sforzi quotidianamente compiuti dal sacerdote in un’ottica diametralmente opposta a quella della Lega.
Ci si chiede, però, se il Tribunale non avrebbe potuto spingersi oltre, scorgendo la lesione di ulteriori diritti, nell’eventualità in cui la parte ne avesse espressamente invocato la tutela. Ci si chiede, cioè, se il comportamento di Lega Nord e Liga Veneta non integrasse gli estremi del reato di diffamazione. La risposta dipende dal grado di riprovevolezza di quanto propugnato dalla Lega e attribuito al sacerdote con la diffusione del depliant elettorale.
E’ noto che tra le posizioni sostenute dalla Lega, quella relativa ad una drastica limitazione alla presenza di cittadini extracomunitari nel nostro paese è caratterizzata da una particolare intransigenza. Tuttavia, una tale scelta ideologica, sebbene estrema e respinta dai più, non può essere considerata di per sé deplorevole al punto da ledere la reputazione del soggetto cui viene attribuita. Vi sono leggi e regolamenti che, rendendo estremamente difficile agli stranieri l’ingresso e la permanenza regolare nel nostro paese, traducono normativamente quella scelta. Risultato normativo raggiunto da una maggioranza parlamentare, che certo può essere non condivisibile, ma che impedisce di considerare deplorevoli, almeno formalmente, i valori ai quali si ispira.
Il discorso muta se, ai fini che qui interessano, alla scelta ideologica si associano le modalità di proselitismo cui spesso la Lega ricorre. Si pensi agli incendi appiccati alle dimore di fortuna di poveri extracomunitari; o alle offese alla religione musulmana tramite il deposito di escrementi di maiale sui luoghi dove sarebbe dovuta sorgere una moschea; ed altri casi ancora. Iniziative di forte impatto sociale, attuate in occasione di manifestazioni ufficiali e con la partecipazione di esponenti leghisti di indubbio rilievo.
Non c’è alcun dubbio che si tratti di iniziative deprecabili, finalizzate a diffondere l’odio verso i cittadini extracomunitari e a rafforzare in alcune persone la convinzione di una loro presunta inferiorità o indegnità a vivere nel nostro paese. Come deprecabili sono alcuni discorsi tenuti anche da alti esponenti della Lega, a detta dei quali la semplice presenza dei musulmani in Italia costituisce un “pericolo terrorista”, e che descrivono l’Islam come una cultura violenta e inferiore a quella occidentale. Atteggiamenti ancor più riprovevoli quando provengano da personaggi di rilievo istituzionale.
In tali casi le modalità di proselitismo sono qualificanti. Un conto è tentare di convincere la gente sulla necessità di limitare il flusso degli stranieri, facendo uso della dialettica e ricorrendo ad argomentazioni razionali. Diverso è offendere gratuitamente una comunità che conta un miliardo e mezzo di persone, facendo leva su una sottocultura assolutamente minoritaria.
Se si considera, quindi, che atteggiamenti simili finiscono per qualificare le scelte ideologiche propugnate dalla Lega, non sarebbe infondato sostenere che una erronea attribuzione di quelle scelte può risolversi in una lesione del decoro o della reputazione del soggetto che se le vede addossare. Lesione che in alcuni casi, come in quello appena visto, può rivelarsi particolarmente grave e dolorosa in considerazione delle qualità personali di chi la subisce.