Il 'caso Elkann'
La mattina del 10 ottobre 2005 Lapo Elkann, responsabile del settore marketing della Fiat, viene ricoverato d’urgenza all’ospedale Mauriziano di Torino. La diagnosi parla di overdose da cocaina. In poche ore gli organi di informazione ricostruiscono l’intera vicenda, individuandone i protagonisti.
Fin dalla prima sera Elkann, che è in coma, viene massacrato agli occhi del pubblico. Si diffonde la notizia che è finito in overdose dopo una notte trascorsa con un gruppo di transessuali; e D.B., 50 anni, proprietario dell’appartamento in cui si è consumato il festino, noto negli ambienti con lo pseudonimo di “Patrizia”, riferisce ai giornalisti alcuni dettagli di quella notte, che vengono diffusi da diversi organi di informazione.
In particolare, il quotidiano “Il Mattino” nelle edizioni del 12 e 13 ottobre parla di un “particolare abbigliamento che il signor Elkann avrebbe indossato nella notte”, mentre “Striscia la notizia” dell’11 ottobre manda in onda un servizio in cui due inviati interrogano un inquilino del condominio teatro del dramma sulle persone che Elkann era solito incontrare, sulle attività e le pratiche sessuali svolte all’interno dell’appartamento, persino sugli esborsi di denaro che Elkann avrebbe presumibilmente effettuato.
Dopo qualche mese, sulla vicenda interviene d’ufficio il Garante per la Protezione dei Dati Personali. Secondo il Garante, i particolari diffusi da quegli organi di informazione consistono in “dettagli che si prestavano unicamente a solleticare la curiosità del pubblico su aspetti intimi e privati, senza rispondere ad alcuna esigenza di giustificata informazione su una vicenda di interesse pubblico, e che non assumevano rilievo per formulare un giudizio sulle attitudini dell’interessato in rapporto alle attività e responsabilità imprenditoriali che gli competono”.
Ricordando che ai sensi dell’art. 6, comma 2°, del Codice di deontologia dei giornalisti, “la sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica”, e che l’art. 11 dello stesso Codice impone al giornalista un maggiore rispetto della altrui vita privata quando si tratta di aspetti attinenti alla sfera sessuale, il Garante conclude che tali servizi giornalistici “non hanno rispettato il principio di essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico e sono risultati lesivi dei diritti e della dignità della persona interessata”. Pertanto, dispone nei confronti dei relativi editori “il divieto di diffusione, anche tramite i siti web delle testate, dei dati personali idonei a rivelare […] dettagli intimi e possibili abitudini sessuali dell’interessato”.
I giorni immediatamente successivi alla entrata in coma di Lapo Elkann furono in gran parte impiegati dai media per indagare sul perché il rampollo di casa Agnelli fosse arrivato a frequentare nel tempo libero soggetti dalla sessualità “ambigua”. Ebbene, il caso Elkann rappresenta con tutta probabilità il più clamoroso e vergognoso caso di violazione del diritto alla riservatezza degli ultimi cinquant’anni.
Come già spiegato in Il diritto alla riservatezza, la legittimità della diffusione di una notizia avente ad oggetto un fatto privato riferito ad un personaggio pubblico dipende unicamente dall’incidenza che quel fatto può avere sull’attività caratterizzante il personaggio. Solo se quel fatto è obiettivamente idoneo a modificare il rapporto tra personaggio e pubblico rappresentandolo correttamente, ossia in termini di verità, allora la sua pubblicazione risponde ad un’esigenza informativa. Sarà quindi lecito divulgare una foto che ritrae un campione dello sport mentre assume cocaina, visti gli effetti che l’assunzione di una tale sostanza può avere sulla continuità di quelle performance che lo legano al pubblico. Come pure sarà lecito pubblicare la notizia della relazione sessuale di un noto Cardinale con una donna sposata, considerata l’indubbia incidenza di tale fatto sul rapporto che lo lega alla comunità cattolica.
Allo stesso modo, rientra nel diritto di cronaca informare la collettività che il più noto manager della Fiat si trova in coma per aver assunto dosi eccessive di cocaina, poiché ciò fa sorgere legittimi dubbi sulla sua possibilità di rimanere ai vertici di un’azienda di quel calibro, quantomeno per l’immediato futuro. Ma, francamente, non si vede come possa incidere sulle capacità manageriali di Lapo Elkann l’aver trascorso la notte con un gruppo di transessuali, per giunta indossando un “particolare abbigliamento”; e come, di conseguenza, la relativa notizia possa ritenersi di “interesse pubblico”.
E la circostanza che Lapo Elkann sia un “Agnelli” non autorizza il cronista a prescindere dal nesso, qui del tutto mancante, tra il fatto notizia (la notte passata con i transessuali) e la qualifica di manager Fiat, unica attività realmente caratterizzante Elkann. Il quale, se da un lato è stato in più occasioni al centro della “cronaca rosa” per via del proprio status, tanto da divenire un bersaglio della cronaca scandalistica, dall’altro la sua posizione ai vertici della multinazionale torinese gli consente comunque di rivendicare quel diritto alla riservatezza che spetta al vip come all’uomo comune. Senza contare, poi, che quei particolari intimi che hanno contornato la drammatica vicenda originavano da un luogo indiscutibilmente privato (l’appartamento del transessuale D.B.), quindi chiuso a quei riflettori che in linea di principio possono orientare la cronaca scandalistica.
Giusta, pertanto, la decisione del Garante che esclude la rilevanza pubblica di fatti personali privi di qualsiasi “rilievo per formulare un giudizio sulle attitudini dell’interessato in rapporto alle attività e responsabilità imprenditoriali che gli competono”. Come è giusta la contestazione circa la violazione degli artt. 6 e 11 del Codice deontologico dei giornalisti, che vietano la diffusione di notizie relative alla sfera privata di personaggi noti “che non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica”, con particolare riferimento alla sfera sessuale. Violazioni, queste, che impediscono di rinvenire nel caso in questione una qualsiasi “essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico”, come invece impone al giornalista l’art. 137, comma 3°, D.Lgs. n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali).
Tra l’altro, qui vi sarebbe una ulteriore violazione, non menzionata dal Garante: quella ricollegata all’illecita diffusione di un dato sensibile, che l’art. 4 D.Lgs. n. 196/2003 considera quel dato personale idoneo “a rivelare […] la vita sessuale” di un individuo. Non c’è dubbio, infatti, che la descrizione delle persone con cui Elkann ha trascorso quella notte, insieme ai dettagli minuziosamente ricostruiti e diffusi da varie testate, costituiscano “dati” che ne hanno rivelato la vita sessuale. E la cui diffusione è illegittima in assenza di qualsiasi reale esigenza informativa.
La decisione del Garante è pertanto ineccepibile, anche se interviene a danno consolidato. Un danno che certamente troverebbe un giusto ristoro in sede giudiziaria; dove, oltre al danno per lesione del diritto alla riservatezza, sarebbe risarcibile anche quello morale per illecita diffusione di dati personali (sensibili), grazie alla espressa previsione contenuta nell’art. 15, comma 2°, D.Lgs. n. 196/2003.