Ti amo Ricucci, firmato Anna Falchi
Nell’agosto 2005 sui principali quotidiani nazionali vengono pubblicati brani delle intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura della Repubblica di Milano a carico di Stefano Ricucci, l’immobiliarista romano indagato in merito alle “scalate” a Banca Antonveneta ed RCS. Alle svariate comunicazioni intercorse tra Ricucci e diversi personaggi di spicco del mondo bancario e finanziario, quali Emilio Gnutti e Gianpiero Fiorani, di indubbio interesse pubblico, si aggiungono le conversazioni con la moglie Anna Falchi. Come quella in cui l’attrice confida al marito i suoi sospetti su un misterioso incidente d’auto (scoppio di una gomma) occorso al fratello; e quella in cui gli comunica di aver incontrato un imprenditore milanese in aeroporto, come da precedenti accordi.
Seguono poi altre due comunicazioni, avvenute nel luglio 2005 sempre tra Ricucci e la moglie, che finiscono integralmente su “La Repubblica” del 6 e 12 agosto 2005. In queste, lei informa il marito della imminente vendita all’asta di un cinema di Roma, sollecitandone l’interessamento. La seconda è un “sms” in uscita dal telefono cellulare dell’attrice, del seguente tenore: “Solo per dirti che sono la donna più felice del mondo perché ho te AMORE MIO GRANDE TI AMOOO, capito?[…] Sono tua per sempre ricordalo!”.
Stefano Ricucci e Anna Falchi ricorrono al Garante per la Protezione dei Dati Personali, chiedendo il blocco del trattamento dei dati che li riguardano.
Il Garante respinge il ricorso con riferimento alle conversazioni intercorse tra Ricucci, Gnutti, Fiorani ed altri personaggi operanti nel mondo bancario e finanziario, ritenendole di interesse pubblico in quanto contenenti “informazioni relative ad attività economico imprenditoriali di soggetti coinvolti nella vicenda, concernenti fatti che potevano determinare ripercussioni su mercati ed assetti azionari”.
Ritiene, altresì, lecita la diffusione delle comunicazioni relative all’incontro della Falchi in aeroporto con l’imprenditore milanese e ai suoi sospetti in merito all’incidente d’auto occorso al fratello, poiché per questi fatti “non si può escludere un collegamento, seppure indiretto, con le medesime note vicende economico finanziarie in questione”.
Accoglie, invece, il ricorso con riferimento agli “sms” inviati a Ricucci dalla moglie, vietando l’ulteriore diffusione di comunicazioni dal contenuto “esclusivamente privato e del tutto personale in quanto relativo al rapporto affettivo tra i due”; nonché (con riferimento alla conversazione avente ad oggetto l’eventuale acquisto del cinema) comunicazioni che, pur non presentando “un carattere strettamente privato e personale”, difettano del “requisito dell’essenzialità dell’informazione rispetto a fatti di interesse pubblico”.
La decisione del Garante fornisce chiarimenti utilissimi per una esatta individuazione del concetto di “fatto privato”, come tale non divulgabile.
E’ scontata la sussistenza dell’interesse pubblico per le conversazioni che Ricucci ha tenuto con personaggi del calibro di Gnutti e Fiorani, il cui contenuto risulta strettamente collegato alle indagini in corso.
Interessante la conclusione cui perviene il Garante riguardo alle conversazioni tra Ricucci e la moglie Anna Falchi, soprattutto quelle in cui lei informa il marito dell’avvenuto incontro con l’imprenditore milanese all’aeroporto, ed esterna i suoi sospetti sul misterioso incidente occorso al fratello. Il Garante giustifica la rilevanza pubblica di tali conversazioni non potendosi per esse “escludere un collegamento, seppure indiretto, con le medesime note vicende economico finanziarie in questione”.
Qui si potrebbe cogliere una contraddizione. Verrebbe spontaneo osservare che secondo logica il Garante avrebbe dovuto attribuire a quelle conversazioni natura di “fatto privato” proprio perché non era provato il loro collegamento, nemmeno indiretto, con le note vicende economico finanziarie, ossia con fatti di interesse pubblico; vietandone così l’ulteriore diffusione in evidente parallelismo con il principio, operante nel processo penale, secondo cui “in dubio pro reo”.
In realtà, questa conclusione non potrebbe condividersi perché, oltre ad operare una inammissibile equiparazione tra condanna penale e conoscenza pubblica dei fatti, si basa su una premessa errata. Individua il beneficiario del dubbio nel soggetto sbagliato. Soggetto che nel processo penale è l’imputato, ma nella cronaca è il pubblico. E’ noto che nella cronaca posso essere divulgati particolari rientranti nella sfera personalissima di un individuo, sul presupposto che siano essenziali all’informazione in merito a fatti di interesse pubblico. Ciò significa che in presenza di tale presupposto, il diritto della collettività ad essere informata prevale sempre sul diritto alla riservatezza dell’individuo. Insomma, essendo la collettività il soggetto che nella cronaca va privilegiato, il principio “in dubio pro reo” va inteso nel senso che “in dubio pro populo”.
Conclusione, questa, in piena coerenza con il ruolo svolto dalla collettività in una moderna democrazia: il controllo sostanziale su vicende di rilevanza pubblica in quanto soggetto sovrano. Anche perché questi fatti, se pubblicati, posso indurre determinate persone a dare il proprio contributo chiarendo alcuni aspetti, oscuri persino per gli inquirenti.
Dunque, la conclusione alla quale giunge il garante è ineccepibile, anche se sarebbe stato meglio spendere qualche parola in più, in modo da evitare possibili fraintendimenti.
Come è pure ineccepibile la qualificazione di “fatti privati” data dal Garante alle due comunicazioni, intercorse tra Ricucci e la moglie, pubblicate su “La Repubblica” del 6 e 12 agosto 2005. In effetti, non può avere rilevanza pubblica l’interessamento di Ricucci all’acquisto di un cinema. Qui manca qualsiasi elemento che possa fare anche solo ipotizzare un loro collegamento con la vicenda principale. La precisazione è importante. Per “fatto privato” non deve intendersi soltanto ciò che comunemente rientra nella sfera intima di una persona (come ad esempio i riferimenti alla vita sessuale o sentimentale); ma, in generale, tutto ciò che è palesemente estraneo alla vicenda e privo di qualsiasi rilevanza autonoma. Per non parlare, poi, della comunicazione inviata via “sms” con la quale la Falchi esternava i propri sentimenti al marito: la sua divulgazione rappresenta una palese violazione del diritto alla riservatezza.