L'INTERESSE PUBBLICO
Secondo l’art. 1 Cost. “La sovranità appartiene al popolo”. Si è già avuto modo di spiegare in La verità come questa norma va considerata il fondamento del diritto della collettività a ricevere un’informazione puntuale e veritiera. Un diritto che è strumentale all’esercizio della sovranità.
La collettività ha quindi il diritto di essere informata segnatamente su quei fatti in grado di fornirle una visione globale e il più possibile precisa della società, in modo da porla nelle giuste condizioni per un corretto e consapevole esercizio della sovranità. Fatti, cioè, per i quali vi sia un reale interesse pubblico alla loro conoscenza.
Tuttavia, ciò non significa che debbano essere divulgati soltanto fatti la cui diffusione soddisfi un reale interesse pubblico. Spesso, infatti, vengono diffuse notizie nelle quali è davvero difficile scorgere un interesse sociale. Si pensi all’anatra che depone le uova nel giardino della Casa Bianca, o alla fuga del gatto di Tony Blair dalla residenza di Downing Street. Ciò dipende evidentemente dal modo in cui una testata considera e costruisce il rapporto con i propri lettori o telespettatori.
Ma la diffusione di notizie banali e insignificanti non può essere impedita, perché è anch’essa tutelata dall’art. 21 Cost. In teoria, ogni giornalista, ogni editore, sono liberi di stabilire quali notizie sono interessanti per la collettività e proporgliele sotto forma di servizio giornalistico. In ogni caso, la loro diffusione non pone alcun problema. Si tratta di notizie del tutto innocue, per le quali il giudizio sulla loro utilità sociale non assume importanza per l’ordinamento giuridico.
Il ricorso al concetto di interesse pubblico diventa, invece, irrinunciabile quando la diffusione della notizia porta all’attenzione della collettività il comportamento di un determinato soggetto. In linea di principio, qualunque accadimento relativo a una persona è fatto privato; e come tale necessita del suo consenso per poter essere divulgato. Tuttavia, vi sono casi in cui un fatto privato può essere divulgato anche contro la volontà del soggetto. O perché la relativa notizia informa la collettività su un accadimento che potrebbe toccare chiunque, o perché il fatto si riferisce ad un bene che, per valore o diffusione, va considerato “comune”. Il pubblico va tenuto informato, a scapito dei protagonisti, sugli episodi di corruzione, sulla adulterazione delle sostanze alimentari, sugli episodi di malasanità, sugli omicidi, sulle truffe, sulle violenze sessuali, etc.
Quando ciò accade, il fatto privato diventa di interesse pubblico e il diritto del singolo individuo viene sacrificato in nome dell’interesse sociale. Qui la collettività è legittimata a conoscere dettagliatamente i comportamenti privati. Comportamenti la cui conoscenza è funzionale ad una migliore comprensione delle problematiche che proprio quei comportamenti svelano o evidenziano. La loro divulgazione crea opinioni, stimola dibattiti, suggerisce rimedi. Rimedi cui la collettività ricorre per un puntuale e corretto esercizio della sovranità che l’art. 1 Cost. le attribuisce.
Tuttavia, non vanno considerati di interesse pubblico soltanto gli accadimenti la cui conoscenza stimola una reazione della collettività come soggetto sovrano, ma anche quei fatti riguardanti personaggi legati al pubblico per meriti che non hanno nulla a che vedere con la gestione della cosa pubblica. E’ il caso di calciatori, attori, artisti, presentatori, cantanti, etc.; che spesso, loro malgrado, vengono a trovarsi al centro della scena pubblica per fatti che rientrano nella propria sfera privata. Qui non è l’azione in sé a fare notizia, ma soltanto il loro riferirsi al personaggio noto. Si tratta di casi molto delicati, dove spesso viene messo a repentaglio quel diritto alla riservatezza che, in linea di principio, andrebbe garantito anche al personaggio noto.